Cultura e Spettacoli

Una carovana di romanzi alla conquista del Midwest

Nuovi autori e grandi classici: in arrivo molti libri che raccontano l'America più profonda

Una carovana di romanzi alla conquista del Midwest

Dai classici alle nuove voci della letteratura americana: le novità editoriali che arrivano in libreria sono sempre più alla conquista del West. Decine di romanzi di scrittori del Midwest degli Stati Uniti sono anche quest' anno, come nei passati, la voce più autentica e creativa dell'America Oggi. Confinati nell'Upper Side dei loro attici specchiati i vari Jonathan Franzen, Paul Auster, Bret Easton Ellis sembrano non aver nulla da dire.

Mai così viva è la voce del Midwest, dove La notte arriva sempre, per parafrasare l'ultimo romanzo di Willy Vlautin (Jimenez edizioni, pagg. 210, euro 18) lo scrittore, nato a Reno in Nevada, che è capace di portarci in quel centro dell'America per terremotarci la vita attraverso esistenze alla deriva, vite frantumate dal rock e dalla desolazione, mutilate dai sogni e dalla poesia. Uno scrittore capace di stupirci ad ogni nuovo romanzo, a cominciare da quel Motel Life che ha anticipato di due decenni Nomadland (film e libro) nel farci capire che «l'unico luogo davvero libero in America è un parcheggio».

In questo suo ultimo Vlautin ci racconta una versione noir di un'opera teatrale di Tennessee Williams e i suoi personaggi disperati che covano vecchi rancori, rendendosi conto che ogni cosa ha un prezzo da pagare. Il tutto con una scrittura che è una partitura mai stonata di vite apparentemente senza musica: melodie strappate da una moderna odissea.

Come in Last Taxi Driver di Lee Durkee che ambienta il suo romanzo (in Italia per edizioni Black Cofee, pagg. 265, euro 18) tra le strade del Mississippi: è un tassista che affronta le giornate tra le macerie non solo morali di un'America vicina al collasso economico e sociale. Percorre le strade del Delta del fiume Mississippi, «lo stato più sciagurato d'America, che in certe zone è praticamente Terzo Mondo», e racconta l'altra faccia oscura del sogno americano fatto di uomini ai margini, fabbriche di metanfetamina, ragazze abusate dalla vita come dai sogni. E all'origine di quei sogni ci porta Ron Rash in Un piede in Paradiso (La Nuova Frontiera, pagg. 256, euro 16,90): un romanzo che si muove tra poesia, racconto, romanzo gotico e ci porta negli Anni '50, tra piantagioni di mais e tabacco minacciate da una compagnia elettrica interessata a costruire una diga, memoria di un'America rurale che sembra sopravvivere solo nel cuore degli abitanti. Cambiando più volte registro narrativo attraverso l'alternarsi della voce narrante, Ron Rash rinnova la grande tradizione letteraria di quel Sud degli Stati Uniti che abbiamo letto nei racconti di Flannery O Connor o nei romanzi di William Faulkner. Un piede in Paradiso racconta la scomparsa: quella di un uomo, certo, ma anche quella di una terra prima strappata agli indiani Cherokee e poi agli abitanti di una piccola comunità di contadini che Rash descrive con poetica emozione.

Sono Tutte le conseguenze come il titolo del romanzo di Joan Silber, già finalista al National Book Award, nelle librerie per 66thanA2nd (pagg. 204 euro 16)- che pagano gli abitanti del Midwest, sempre marchiati come colpevoli di essere arretrati, di vivere per ideali Bibbia e fucile, di essere retrogradi e colpevoli dell'elezione dei peggiori presidenti, non ultimo Trump. Pur ambientato a New York, nell'ottobre del 2012 a pochi giorni dall'arrivo dell'uragano Sandy, la trama più fitta è nella Virginia dei contrabbandieri di sigarette, in un continuo flashback con gli anni '70 in un romanzo dove la narrazione proprio dell'alternarsi degli anni ricorda la migliore Alice Munro: tra i libri più riusciti sul tema della espiazione, della colpa, del fare ammenda. Come le colpe che si leggono ne Il canto del nemico di Tony Hillerman (HarpersCollins, pagg. 282, euro 15) dove lo scrittore, considerato il padre del mistery contemporaneo, mette in scena lo scontro tra le culture degli indiani Navajo e ancora una volta il sogno americano è destinato a rivelarsi nel peggior incubo. Hillerman - nato in Oklahoma nel 1925 e morto nel 2008 ad Albuquerque in New Mexico- è uno dei maggiori conoscitori delle riserve indiane: in questo thriller, il primo di una serie in pubblicazione per HarperCollins,contrappone il mondo moderno con quello delle tradizioni e superstizioni dei nativi attraverso i due protagonisti, lo scettico tenente della polizia navajo Joe Leaphorn e il giovane sergente Jim Chee che si trovano ad indagare su un omicidio che segna il confine tra i due mondi.

Quello degli indiani e quello di un'America che sembra aver perso la propria identità. Un'America Pop -come il titolo del romanzo scritto da Snowden Wright (Nutrimenti, pagg.

398, euro 20)- che è una saga familiare capace di raccontare tutte le contraddizioni di questi Stati mai stati Uniti: attraverso la storia centenaria dei Forster, dinastia destinata a diventare un impero industriale grazie alla commercializzazione di una bevanda gassata (il rimando è alla Coca-Cola), leggiamo la storia del Sud americano tra fiction e realtà: un libro che è volutamente una soap opera capace di raccontarci al meglio le sfrenatezze di un MidWest sempre sul limite di essere sconfitto dalla modernità ma capace di rimanere indipendente: nella storia come nelle letteratura, guadagnandosi il merito di essere la voce più sincera dell'America.

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