Decine di saggi per un catalogo che declina la pittura al femminile

L’immagine di una donna ritratta in un quadro è da sempre specchio della società che rappresenta. Se poi pensiamo che, a eccezione dell’illustre precedente del suo maestro Giorgione, il ritratto femminile era opera alquanto rara nella Serenissima, ecco che la «Donna allo specchio» di Tiziano offre preziosi indizi sul ruolo delle veneziane nel Rinascimento. A partire dalla moda che seguivano. Bionda e con gli occhi scuri: eccoli i canoni della bellezza in voga allora in Laguna, dove vivevano donne volitive, attente a piacere e a piacersi. La cura della capigliatura, la scelta mai casuale dei gioielli, l’originalità degli abiti e, soprattutto, l’attenzione quasi maniacale che nobildonne e popolane avevano per belletti, cosmetici e profumi fu descritta all'epoca con dovizia di particolari nel volume Ornamenti delle leggiadre donne di Giovanni Marinelli, medico modenese. Un saggio, allora best-seller, che testimonia quanto la toeletta di una fanciulla come quella ritratta nel dipinto di Tiziano fosse considerata nel Cinquecento una vera e propria arte. Tra i capitoli più corposi del testo del Marinelli, quello relativo ai segreti per tingersi i capelli di biondo: lo ricorda anche lo storico cinquecentesco Francesco Sansovino quando afferma che le donne della Serenissima «conoscendo la loro bellezza, notabile fra le altre donne italiane, la sanno accompagnare con gli ornamenti de capelli biondissimi per forza di sole». Cosmetici difficili da realizzare (con ricette gelosamente custodite in famiglia), rimedi naturali come unguenti a base di zafferano, miele o rosso d’uovo, sciacqui con la cenere diluita in acqua sono solo alcune delle procedure usate allora dalle donne veneziane per ottenere una chioma «color Tiziano». Poco sappiamo dell’identità della sensuale fanciulla ritratta dal Vecellio, ma di certo appare (o vuole simboleggiare) una signora al passo coi tempi, sicura di sé e della propria femminilità. Non è difficile immaginarla al termine di uno dei sofisticati trattamenti descritti dal Marinelli, per valorizzare una capigliatura che, come testimonia il dipinto, è per lei elemento di vanto e seduzione. Davanti alla Donna allo specchio, è impossibile pertanto non rilevare anche il valore antropologico del quadro, che riflette la vitalità dell’industria del lusso nella Serenissima del Cinquecento e soprattutto i desideri e le aspirazioni delle donne veneziane che cominciarono allora a coltivare quel gusto per l’apparire che le rese celebri nel Settecento in tutta Europa.
Queste sono solo alcune delle curiosità raccolte in Tiziano a Milano. Donna allo specchio, raffinato catalogo della mostra, edito da Skira, che in poco più di centocinquanta pagine costituisce una completa indagine sul quadro del Vecellio prestato dal Louvre e ora in mostra a Palazzo Marino. Veniamo a sapere, a esempio, dell’ossessione del pittore veneto per gli abiti femminili: pare infatti che, una volta raggiunta fama e notorietà presso le corti del tempo, Tiziano fosse solito chiedere alle committenti dei suoi ritratti un vestito di loro proprietà. Non uno qualsiasi, si badi bene: l’artista amava descrivere dettagliatamente alle sue nobili mecenati il tipo di tessuto, di ornamento e di colore che intendeva dipingere, tanto che una penna tagliente come l’Aretino insinuava neanche troppo scherzosamente che la vivacità degli abiti ritratti dal suo amico Tiziano variava a seconda dei ducati che la committente investiva nell’abito da inviargli.
Aneddotica a parte, è innegabile che Tiziano, da capace interprete dell’anima femminile quale fu, ben comprese che per raccontare l’intimità di una donna, la sua personalità e i suoi desideri non c’è niente di meglio che violare con il pennello il suo spazio privato.

Accade nella Donna allo specchio, opera della giovinezza, e anni dopo, con maggiore maturità, nella Flora, nella celebre Venere di Urbino e nella voluttuosa Danae: camere private, camerini e studioli da bagno forniscono al pittore il contesto perfetto per ritrarre un’ideale di donna che gioca sull’ambiguità di una sensualità scoperta, ma al tempo stesso misteriosa. Dunque profondamente moderna.

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