Roma

E c’è anche la cozza gigante

Nel Tevere ci sono cozze d'acqua dolce, pesanti quasi mezzo chilo, grandi come un piatto. Che producono perle come le ostriche. «In antichità venivano mangiate normalmente», spiega Laura Mancini, ricercatrice dell’Istituto superiore di sanità. Adesso, invece, sono ben pochi i romani che ne conoscono l’esistenza. Eppure ce ne sono a centinaia, banchi interi, sul fondo del fiume di Roma, anche nel centro della Capitale. Sono le Anodonta Cygnea, molluschi bivalve d’acqua dolce dalle dimensioni (e dalle risorse) sorprendenti. Quasi impossibili da vedere, però. Vivono, infatti, sotto l’acqua torbida del Tevere, nascoste nel fango o nella sabbia del letto del fiume.
«Contrariamente a quanto potrebbero far pensare queste dimensioni così insolite tra le conchiglie nostrane - spiega Laura Mancini - le Anodonta Cygnea sono in realtà una specie italiana, che nell’antichità facevano parte della dieta quotidiana di molti romani. Possono pesare anche 3 etti e arrivare ai 20 centimetri. Vivono nelle acque stagnanti o in quelle lentamente fluenti del basso corso del Tevere. Metà della conchiglia resta infissa nel letto del fiume, metà resta fuori. In estate, quando il livello dell’acqua scende, possono venire alla luce e diventano preda degli uccelli acquatici. L’anno scorso, a causa della siccità, ce n’è stata una morìa. Dove sono? Noi ne abbiamo trovato un banco a Passo Corese e un altro a valle della diga di Castel Giubileo».
Altri biologi hanno segnalato una decina di banchi tra ponte S.Angelo e ponte Tor di Quinto. Migliaia di conchiglie giganti che, in passato, fornivano un companatico gustoso e a portata di mano per tanti romani, ma che oggi è bene restino off limits per i nostri piatti. «Le Anodonta - spiega la ricercatrice dell’Istituto superiore della Sanità - filtrano litri di acqua al giorno e trattengono particelle nutrienti ma anche i possibili contaminanti sospesi nel Tevere, per cui, anche se sono dei molluschi mangerecci, consiglierei proprio di non portarli a tavola». Ma le impurità del Tevere, in queste vongole gigantesche, proprio come avviene nelle ostriche del mar Rosso e del mar del Giappone, si trasformano addirittura in...perle. Quando qualche corpo estraneo del fiume, resta bloccato all’interno di questo gigantesco mollusco, infatti, il suo mantello lo ricopre di madreperla! «Le Anodonta - spiega Marco Oliverio, zoologo alla Sapienza - possono produrre perle, come avviene in Polinesia, con le ostriche perlifere. Si tratta delle famose perle di fiume. Sono più comuni e meno belle, meno esteticamente appariscenti, di quelle di mare, usate in gioielleria.

Purtroppo, le perle del Tevere non sono di alcun pregio».

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