E il Csm scavalca la Consulta: «Quella legge è incostituzionale»

Sulla norma che fissa una priorità ai dibattimenti, l’organo di autogoverno dei magistrati boccia l’esecutivo. Poi la rettifica: «Il parere? Solo una bozza»

da Roma

Le norme blocca-processi del governo violano la Costituzione, sospendono oltre la metà dei procedimenti in corso e sono «una sorta di amnistia occulta». Poi, è «irragionevole» sia lo spartiacque temporale del 30 giugno 2002 tra processi da sospendere e da far proseguire, sia la scelta dei reati.
La bozza del parere del Csm per il Guardasigilli, presentata ieri nel pomeriggio alla VI Commissione dai relatori Livio Pepino (Magistratura democratica) e Fabio Roia (Unicost), è un po’ annacquata nella forma, rispetto alle anticipazioni che tante polemiche hanno scatenato la settimana scorsa, ma sempre pesante nella sostanza. Ieri la bozza è arrivata ai media, suscitando l’irritazione del presidente Mauro Volpi e degli stessi relatori: la sua diffusione «ha il solo effetto di produrre confusione - essendo il testo del tutto provvisorio - e di turbare la serenità dei lavori». Oggi i consiglieri ne discuteranno, forse voteranno e la prossima settimana il testo dovrebbe approdare al plenum, per l’approvazione definitiva.
Si preannuncia, dunque, una bocciatura che, per molti versi, ricalca quella espressa il 18 luglio dall’Anm, quando lanciò l’allarme per 100mila processi bloccati. E il parere provvisorio insiste molto sui rilievi costituzionali, malgrado secondo diversi esperti non sia questo il campo di valutazione del Csm, bensì quello delle ricadute delle leggi sulla funzionalità della macchina giudiziaria. Infatti, dal Pdl fioccano le accuse di «sconfinamento» e di «politicizzazione dell’organo di autogoverno».
Secondo la bozza, un principio costituzionale violato è nell’articolo 111, quello sulla ragionevole durata dei processi. Il blocco di un anno provocherà «crescenti richieste risarcitorie», secondo la legge Pinto, dalle vittime della giustizia-lumaca, determinerà un’«ulteriore dilatazione dei tempi» dei processi e lederà «in maniera assai grave gli interessi e le aspettative delle parti offese» e anche i «diritti dell’imputato». Infatti, a leggere l’emendamento al pacchetto-sicurezza approvato martedì dal Senato, questi non avrebbe «la possibilità di chiedere e ottenere che il procedimento non venga sospeso». E poi, danneggerebbe «le possibilità di accertamento» dei reati.
La norma blocca-processi, secondo la bozza, presenta «profili di irragionevolezza». E ciò, «secondo il costante orientamento della Corte costituzionale», rappresenta un «parametro di valutazione per la legittimità della norma». Per i relatori, sarebbe «casuale e arbitrario» il limite temporale stabilito e ugualmente «non ragionevole» la scelta dei reati (il tetto di pena superiore a 10 anni) per cui scatta la sospensione dei processi, visto che tra questi ci sono «numerosi delitti che determinano particolare allarme sociale».
Non basta: sarebbe «lacunosa e imprecisa» la disciplina della sospensione della prescrizione: non è chiaro «se la ripresa del corso della prescrizione si verifichi alla scadenza dell’anno di sospensione o al momento in cui riprende il dibattimento». E in questo caso, «inevitabilmente», si arriva al maturare della prescrizione «per legge». Far decidere sulla sospensione del processo al presidente del Tribunale «e non al giudice naturale», sarebbe poi «del tutto anomalo».


Il documento preliminare segnala anche che, nei processi con più imputati, si dovrà procedere a «stralci antieconomici», per la «moltiplicazione delle incompatibilità» dei giudici, «insostenibili negli uffici di piccole dimensioni». E si arriverà ad «esiti processuali potenzialmente diversi e contraddittori, con gravi inconvenienti sulla credibilità del sistema».

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