Ecco perché l’Italia merita il Nobel per il lavoro

Gli studi sulla disoccupazione dei tre economisti premiati a Stoccolma confermano la validità della legge Biagi e di uno strumento come la cassa integrazione. Mentre una politica di sussidi prolungati non crea nuovi impieghi

Il premio Nobel dell’eco­nomia all’americano Peter Diamond e a due economisti meno conosciuti, l’americano Mortensen e il cipriota-ingle­se Pissarides, è andato al loro modello Dmp, che serve per capire le cause della disoccu­pazione e mezzi per promuo­vere l’occupazione. Il modello Dmp e la connessa ricetta non hanno nulla di magico e, nono­stante che si basino su com­plessi studi di statistica mate­matica, ossia di econometrica, sono ispirati a grande buon senso. Per l’Italia se ne desumono vari insegnamenti.Il principa­le consis­te nell’estrema impor­tanza della legge Biagi per crea­re occupazione e della validità della cassa integrazione ma non della indennità di disoccu­pazione prolungata, come mezzo per ridurre la disoccu­pazione. Il modello parte dal­l’osservazione che l’occupa­zione si crea con l’incontro fra la domanda di lavoro delle im­prese e l’offerta degli aspiranti lavoratori o di lavoratori che cercano un altro posto. L’in­contro fra domanda e offerta, in questo campo, a differenza nei mercati dei beni e servizi ordinari, è complicata e costo­sa perché il mercato del lavoro non si svolge in un luogo fisi­co, ma fra parti tra loro distan­ti, che non si conoscono ed è molto differenziato. È più simi­le ai matrimoni, in cui ciascu­no cerca il partner ideale e non lo trova necessariamente fra le persone vicine. L’analogia maggiore è con il mercato im­mobiliare, anche perché l’of­ferta di lavoro, come quella de­gli immobili si forma nel tem­po, e si basa, da parte delle per­sone, sulla previsione di ciò che serve per trovare una occu­pazione e su ciò che si è in gra­do di offrire. Una parte della disoccupa­zione deriva dal fatto che certe offerte di lavoro non servono alla domanda delle imprese, che cercano e non trovano la­voratori con competenze. I la­voratori allora dovranno ricon­vertirsi. Comunque chi vuole trovare una occupazione deve cercare di avere competenze adatte alla domanda futura e possibilmente diversificate, per puntare su diverse possibi­lità. Ma un’altra parte della di­soccupazione dipende dal co­sto che le imprese debbono so­stenere per cercare l’offerta adeguata, al prezzo (ossia con la retribuzione) per loro conve­niente. E se i lavoratori sono al­la ricerca attiva di un posto di lavoro e sono disponibili a prenderlo a una retribuzione conveniente per le imprese, l’incontro con la domanda sa­rà agevolato. E le imprese avranno più convenienza ad assumere. Da ciò si desume che elevate e prolungate in­dennità di disoccupazione im­pediscono la crescita dell’oc­cupazione perché chi percepi­sce tali indennità non è alla ri­cerca immediata di un lavoro e può rifiutare occupazioni po­co convenienti. Ma anche una disoccupazio­ne prolungata riduce la crea­zione di posti di lavoro perché le persone a lungo disoccupa­te spariscono dal mercato del lavoro e perdono le qualifiche che avevano e, demotivate, non ne cercano di nuove. Il mo­dello Dmp dunque suggerisce che possono anche servire po­litiche di intervento dello Sta­to, in periodo di crisi, per crea­re posti di lavoro temporanei, onde evitare la dispersione di offerte di lavoro utili in segui­to. Ma mi pare evidente che la cassa integrazione è un rime­dio molto migliore, in quanto trattiene nelle imprese una for­za lavoro, che esse possono re­impiegare quando si delinea la ripresa, senza dovere inizia­re di nuovo una ricerca di ad­detti adeguati alla loro doman­da. E i lavoratori in cassa inte­grazione non si demotivano, e non spariscono dal mercato del lavoro. Sono «visibili» an­che per le altre imprese che hanno bisogno di lavoratori con caratteristiche come le lo­ro. Il modello Dmp, soprattut­to, aiuta a capire come le varie forme flessibili di contratti di lavoro della legge Biagi - di la­voro e formazione, a tempo parziale, a tempo determina­to, a progetto, in affitto, stagio­nale e così via - siano fonte di creazione di occupazione. E ciò innanzitutto perché si trat­ta di modalità per dare all’of­ferta di lavoro competenze che possono essere richieste dal mercato del lavoro, per po­sti di lavoro permanenti, nella stessa o in altre imprese.

Inol­tre perché riducono drastica­mente i costi dell’incontro fra domanda e offerta, in quanto queste offerte di lavoro sono ben visibili, nel mercato del la­voro e le loro competenze non si disperdono. E ciò in partico­lare vale per il lavoro giovani­le. La politica del lavoro in atto e in fieri, del ministro Sacconi si può ben appoggiare sul mo­dello Dmp, ora laureato con il premio Nobel.

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