Avvocato Gabriele Fava, ci aiuti a capire. La sentenza della Cassazione introduce o no un’importante novità?
«Direi di sì».
E in che cosa consiste?
«Nella possibilità, da parte dell’azienda, di controllare le mail di un proprio dipendente. Ciò, ovviamente, può accadere solo in presenza di un determinato quadro giuridico».
Vale a dire?
«Nel caso specifico l’azienda non ha effettuato alcun controllo preventivo, limitandosi a un’azione successiva per verificare la fondatezza di sospetti relativi a un reato gravissimo come quello di insider trading».
Qui i «tempi» sono fondamentali. L’azienda, se ho capito bene, ha controllato la posta elettronica di un dipendente solo in presenza di una denuncia ex ante. In caso contrario avrebbe violato lo Statuto dei lavoratori e la legge sulla privacy.
«È così. I controlli ex post effettuati dall’istituto bancario sulle mail del proprio funzionario infedele hanno dimostrato la reale colpevolezza del dipendente, giustificandone quindi anche il licenziamento per giusta causa».
Licenziamento confermato dalla Cassazione che ha rigettato la linea difensiva del bancario, il quale ha tentato inutilmente di appellarsi allo Statuto dei lavoratori e alla legge di tutela sulla privacy.
«Il datore di lavoro non si è mosso per scopi disciplinari, ma per tutelare la propria immagine compromessa da comportamenti illeciti, poi effettivamente riscontrati».
Ma il pronunciamento della Cassazione può rappresentare una sorta di affievolimento giurisprudenziale in tema di legge sulla
«Assolutamente no. In questo caso il controllo delle mail aziendali era di “natura difensiva“ e non configurava nessun tipo di ingerenza impropria nella salvaguardia dei dati personali del dipendente».
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