Il governo, dopo aver dichiarato di voler mantenere l'identità nazionale di Alitalia, sta provando a costruire un piano per l'assetto futuro della compagnia. Ieri il Messaggero ha scritto che a Palazzo Chigi si sta studiando un'integrazione con le Ferrovie dello Stato, già ipotizzata ai tempi del governo Letta, che sul progetto attivò Mauro Moretti. Si parla di una newco nella quale le Fs avrebbero almeno il 51% e verrebbero affiancate da altri partner italiani e stranieri.
Per rendere credibile l'ipotesi, si cercano sinergie tra Fs e Az, che in realtà non ci sono o non sono tali da giustificare un'acquisizione. Nel mondo non esistono società che muovono sia treni che aerei. Le Fs hanno rapporti commerciali con varie compagnie (ultima Emirates), ma proseguire un viaggio sui binari non è sufficiente. Un po' come quando, per sostenere l'ingresso delle Poste in Alitalia tra artifizi che non bastarono a evitare la perdita secca di 70 milioni si cercò di accreditare chissà quali sinergie con Mistral Air, piccola compagnia delle Poste, allora con vocazione incerta e costantemente in perdita. Sull'integrazione treno-aereo avevano fatto uno studio 4 anni fa Andrea Giuricin (Università Bicocca) e Stefano Paleari, oggi commissario di Alitalia: ne era uscito un quadro di difficile integrazione, anche per la diversa capacità, in termini di passeggeri, di un treno e di un aereo.
Fs genera cassa e guadagna, e sarebbe in grado di assorbire le perdite della compagnia, nell'ordine di 1 milione al giorno; ma sarebbero soldi sottratti a quegli investimenti che i pendolari chiedono a gran voce. Si tratterebbe insomma di un'operazione politico-finanziaria e non industriale, nell'unica logica di non toccare l'occupazione, visto che Alitalia è tuttora la più grande azienda da Roma in giù, e il suo elettorato fa gola. Accanto a Fs potrebbero entrare Cdp (se autorizzata) e le stesse Poste. Con soggetti tutti dell'area pubblica sarebbe difficile sostenere a Bruxelles che non si tratti di un aiuto di Stato; sia chiaro, un soggetto pubblico può intervenire «a condizioni di mercato»; ma si tratterebbe di stabilire quali sono le condizioni di mercato per un'azienda commissariata, tenuta in vita con i soldi del governo, sulla quale andrebbero investiti almeno 3 miliardi. Le grandi compagnie europee sono già pronte a ricorrere alla Commissione.
Continuando a ipotizzare il nuovo azionariato, si rischia invece di perdere di vista il tema vero: che cosa fare, con quale modello risanare e rilanciare la compagnia, tenendo conto che nel frattempo queste possibilità di sono allontanate brutalmente; ormai la quota di Az in Europa è del 2%.
Antonio Bordoni (docente di Aviation alla Luiss-Bs) ricorda la complessità del trasporto aereo, che richiede competenze difficili da costruire per un manager che non sia del settore. «Infatti sottolinea l'ultimo ad di successo fu Domenico Cempella, che veniva dalla gavetta, e in molte grandi compagnie mondiali, a cominciare da Lufthansa e British, il numero uno è cresciuto nel settore».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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