Solo le vacanze di fine anno fanno sì che tra Alitalia e sindacati non sia scontro duro. Tutto è rimandato al 10 gennaio, quando si comincerà a discutere il piano industriale. Ieri due note molto distanti hanno chiuso il 2016. L'azienda dice che «in attesa che arrivi presto la definizione di un nuovo contratto collettivo che possa garantire alla compagnia di essere più efficiente (...), il trattamento retributivo e normativo riconosciuto a ciascun dipendente resterà invariato, con il congelamento delle retribuzioni al 31 dicembre 2016»; si deduce che dal contratto si aspetta nuovi risparmi e che gli scatti di anzianità dal gennaio 2017 non saranno pagati.
I sindacati confederali, insieme alla Ugl, confermano «assoluta contrarietà nel metodo e nel merito», e chiedono informazioni dettagliate sul piano, che vede nei tagli alla manodopera e nelle esternalizzazioni il punto più doloroso: fino a un massimo di 2mila allontanamenti, dopo quelli del 2008 e del 2014, sui quali i sindacati erigeranno le barricate. L'azienda punta a risparmi del 25% sul lavoro, 5/600 milioni complessivi comprendendo fornitori e lessor. È evidente che numero degli esuberi e maggiore produttività saranno i due elementi opposti della trattativa: più flessibilità, meno licenziamenti. Il sindacato affila le armi. Per fine gennaio sono già stati indetti due scioperi. Il sindacato è fermo nel voler capire la credibilità del piano, cioè la sua realistica capacità di risanare e rilanciare la compagnia.
In questo momento vengono al pettine molti nodi, a cominciare dalle promesse non mantenute dal precedente piano elaborato da Etihad nel 2014, preliminare all'ingresso in Alitalia. Per il 2015 era previsto un Ebitda di 237 milioni e una perdita netta di 160; per il 2016, rispettivamente, 364 milioni e meno 50. Per il 2017 era indicato un margine lordo di 526 milioni e un utile netto di 106. Sebbene tale piano, inverosimile col senno di poi, sia stato strenuamente difeso e confermato fino a tempi recentissimi, la compagnia continua a perdere 500 mila euro al giorno (parola del presidente Montezemolo), e per il 2017 si stimano perdite di 500 milioni.
Intanto continuano a trapelare indiscrezioni sul nuovo network, che vede contrariamente a quanto finora ipotizzato contrazioni anche sul lungo raggio: la rotta Roma-Rio de Janeiro, oggi giornaliera, sarà ridotta prima a 4 poi a 3 collegamenti alla settimana, mentre Seul scenderà da 4 a 3. Verrà aperta Gedda, Arabia Saudita. Nulla di ufficiale e tutto allo studio. Cresce Malaga da 7 a 11 voli a settimana, chiude Valencia, chiuse Bucarest, Itanbul e Skopije, oltre a Malpensa.
Cipro passa da 2 a 3 voli, Tel Aviv da 5 a 3 giornalieri, con l'innesto di una quinta libertà che permetterà di servire anche Atene. Marsiglia torna a un volo al giorno da 2. Anche Mosca viene ridotta da due voli giornalieri a uno: quando Aeroflot vola 4 volte al giorno verso Roma, 4 a Milano e 2, sempre al giorno, a Venezia e a Bologna.
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