Amber non cede su Ansaldo Sts: parte campagna contro l'Opa

Il fondo vuole che Hitachi alzi il prezzo dell'offerta

Dopo l'esposto alla Consob, scatta la fase due dell'offensiva lanciata dal fondo Amber per ottenere un ritocco verso l'alto del prezzo (9,65 euro per azione) dell'Opa lanciata da Hitachi per acquisire il controllo totale di Ansaldo Sts, di cui i giapponesi detengono già il 40% rilevato da Finmeccanica. Nella vicenda, la comunicazione ai soci è di importanza cruciale. Così, Amber ha affidato a Georgeson, uno dei leader mondiali nell'informazione agli azionisti di società quotate, il compito di spiegare i motivi per cui il prezzo dell'offerta di Hitachi sia una palese sottovalutazione della società di sistemi ferroviari. La tesi del fondo Usa, spalleggiato da un altro fondo, Bluebell (co-autore dell'esposto alla Commissione guidata da Giuseppe Vegas), è una: al closing dell'operazione, Hitachi avrebbe pagato a Finmeccanica parte del prezzo per la quota in Ansaldo Sts sopravvalutando in modo considerevole AnsaldoBreda, rilevata da Finmeccanica contestualmente ad Ansaldo Sts per 36 milioni di euro. Per Amber, un'operazione non giustificata, visti la lunga striscia di bilanci in rosso da parte della Breda. Citando le considerazioni di otto broker, il fondo rileva che la valutazione media della società, che in dieci anni ha accumulato 2,4 miliardi di euro di perdite senza chiudere un bilancio in nero, si aggira attorno a -330 milioni di euro, con valutazioni che oscillavano tra i -110 milioni di Deutsche Bank e i -600 milioni di Kepler Cheuvreux. Amber contesta inoltre, giudicandolo erroneo e fuorviante, il comunicato con cui il cda di Ansaldo Sts ha valutato l'offerta, ritenendo che - contrariamente a quanto comunicato dalla società - la maggioranza degli amministratori (6 su 9) ha bocciato il prezzo offerto dai giapponesi.

Hitachi, che non ha commentato le valutazioni di Amber in pendenza di Opa, ha rinviato al comunicato stampa dell'acquisizione, in cui si sottolinea che dal perimetro di AnsaldoBreda sono state escluse «alcune attività di revamping» e «determinati contratti residuali», tra cui lo stabilimento di Palermo e i suoi 250 dipendenti.

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