Caro-energia, l'Ue scende in campo

Possibile azione coordinata per creare una riserva strategica di gas. Delude l'Opec

Caro-energia, l'Ue scende in campo

Fare in fretta è diventato un imperativo, al punto da imprimere un'accelerazione anche a quel corpaccione con la reattività di un bradipo che è stata spesso l'Unione europea. Ma il caro-energia, con le sue ripercussioni sull'inflazione (salita al 3,4% in settembre), sulle tasche di consumatori e sulle casse delle imprese, non ammette ritardi. Entro la fine del mese è attesa da Bruxelles una prima misura di contrasto. «La proposta per fare fronte all'aumento dei prezzi dell'energia avverrà a ottobre, non spetta a me dire la data precisa», ha detto ieri il commissario europeo all'Economia, Paolo Gentiloni (in foto) prima della riunione dell'Eurogruppo a Lussemburgo.

L'obiettivo è arrivare a un'azione coordinata, facendo valere il peso negoziale dell'Ue. Tra le misure vagliate tra i governi per fronteggiare il caro energia c'è un coordinamento europeo degli acquisti delle forniture, in modo da creare una «riserva strategica» di gas naturale, i cui prezzi sono saliti del 250% da gennaio. L'idea si è coagulata attorno all'asse Italia-Francia-Spagna e costituirà una delle opzioni che la Commissione intende proporre nella «cassetta degli attrezzi» per reagire a quella che Gentiloni ha chiamato senza mezzi termini «crisi dei prezzi». L'altra ipotesi presa in considerazione prevede di scollegare il prezzo dell'elettricità da quello del gas. In ogni caso, secondo il commissario Ue, «la questione degli acquisti» fa parte delle discussioni «ma non è la stessa cosa che acquistare vaccini».

Per il resto, l'Unione si muove su un terreno insidioso, a rischio di spaccature. Parigi, per esempio, rilancia la scelta atomica («Rende indipendenti, la Francia come l'Europa») spalleggiata dal vicepresidente esecutivo della Commissione Ue, Valdis Dombrovskis. Le sottolineature sull'importanza del nucleare nascono dal rincaro dei prezzi energetici. Uno choc che può compromettere l'agenda green che l'Europa si è data per ridurre le emissioni di Co2 del 55% entro il 2035, come peraltro indicato da grandi gruppi energetici. D'altra parte, l'azzeramento delle emissioni nette di gas serra richiederà, in base alle stime del Fmi, uno sforzo finanziario globale pari a 20mila miliardi di dollari nei prossimi due decenni.

Resta da capire se le strozzature nelle forniture di metano saranno superate grazie all'entrata in funzione del controverso Nord Stream 2, il gasdotto che dalla Russia porta metano in Germania bypassando l'Ucraina, e che ieri ha iniziato a essere riempito. Dal versante petrolifero non arrivano intanto buone notizie. La riunione dell'Opec+, il cartello che raggruppa i maggiori produttori mondiali, ha confermato anche per novembre un rialzo della produzione mensile complessiva di appena 400mila barili al giorno.

Il mancato incremento dell'output (alla vigilia del vertice gli esperti puntavano su una cifra doppia) ha impresso al greggio una spinta immediata, con il Brent che ha superato gli 81 dollari al barile (massimo da sette anni) e il Wti che ha sfiorato quota 78 dollari. Un motivo in più per una reazione rapida, e coordinata, dell'Europa.

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