Camilla Conti
Sono passati meno di quattro mesi da quando Vincenzo Boccia è stato designato al timone di Confindustria e già si trova a dover risolvere la prima grossa grana. I maggiori produttori italiani di yacht e megayacht e alcune tra le principali aziende di produzioni industriali nautiche del nostro Paese (Apreamare, AzimutBenetti, Baglietto, Cantiere delle Marche, Cantieri di Sarnico, Colombo, Gruppo Ferretti, Maltese, Mase Generators, Mondomarine e cantieri di Pisa, Opem Sistemi, Perini, Picchiotti, Tecnopool, Viareggio Superyacht, Vismara Marine) hanno infatti deciso di uscire dall'associazione.
Il motivo? «L'ormai prolungata mancanza di attenzione, servizi e dedizione strategica al comparto nautico da parte di questa Confindustria, che si limita a svolgere una attività di supporto sindacale per le aziende a fronte di cospicui contributi», spiegano in un comunicato le 15 aziende che fanno parte di Nautica Italiana e rappresentano l'eccellenza del settore in termini di volumi, brand e occupazione generata. Tale disattenzione «si è addirittura manifestata in modo scandaloso, nella sostanza e nella forma, per la mancata implementazione di una federazione di scopo, più volte annunciata, che avrebbe dovuto raccogliere tutti gli operatori del settore», prosegue la nota. Per le stesse ragioni gli stessi produttori e altre 60 imprese erano usciti nel 2015 da Ucina (la Confindustria nautica) «che in questi anni si è concentrata principalmente sull'organizzazione del salone di Genova».
Le 67 aziende hanno quindi dato vita all'associazione Nautica Italiana. E chiesto, a ottobre, di entrare in Confindustria con un'adesione diretta che però è stata respinta (con un voto contrario) da viale dell'Astronomia, il cui statuto non consente la coesistenza all'interno del sistema di associazioni che operano nello stesso settore.
L'addio delle big della nautica si aggiunge ai vari mal di pancia sparsi sul territorio che sta già vivendo una profonda fase di riorganizzazione con le fusioni fra le singoli associazioni. Dal caso di Confindustria Belluno Dolomiti - dove negli ultimi mesi sono arrivate le disdette di almeno venti aziende, alcune delle quali fondatrici dell'associazione bellunese - agli industriali di Firenze che ieri hanno siglato i protocollo d'intesa sulle nozze con quelli di Toscana sud (che riunisce Arezzo, Grosseto e Siena) e di Livorno-Massa Carrara. Giovedì si era riunita l'assemblea dei soci fiorentini in seconda convocazione, perché alla prima chiamata non c'era stato il numero legale per l'approvazione (era da decenni che non succedeva).
Uscite e frizioni vanno inoltre ad aggiungersi alle spaccature interne: la nomina di Boccia è infatti arrivata di misura, con solo 9 voti di scarto rispetto al rivale Alberto Vacchi, prefigurando fin dall'inizio un cammino in salita con il pesante ruolo dell'industria pubblica e con l'insofferenza della piccola impresa.
Dopo l'uscita di Fiat nel 2012, la Confederazione ha infatti spostato l'equilibrio verso le società statali i cui dirigenti sono in gran parte espressione del governo Renzi.
E già dall'ultima campagna elettorale era emersa una Confindustria divisa in partiti.
Il caso della nautica è l'ennesimo campanello d'allarme: per evitare altre uscite eclatanti il salernitano Boccia dovrà accelerare i tagli ai costi burocratici e avvicinare la rappresentanza ai problemi del mercato e della globalizzazione per attrarre anche multinazionali e start-up. Altrimenti l'emorragia continuerà.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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