La «Grexit» fa paura, Borse a picco

Lunedì nero in tutta Europa. Milano perde il 4,9%. Ai minimi la moneta unica e spread in rialzo

Lo spettro della «Grexit» manda a picco i mercati. Il timore che, in caso di vittoria della sinistra di Alexis Tsipras alle elezioni del 25 gennaio, la Grecia possa uscire dall'euro mette sotto pressione le Borse europee e la stessa moneta unica. In una sola sessione i mercati del Vecchio continente hanno visto andare in fumo 156 miliardi di euro di capitalizzazione, 21 solo a Milano. Piazza Affari ha perso il 4,9% - la peggiore insieme ad Atene (-5,6%)- seguita da Madrid (-3,4%), Parigi (-3,3%) e Francoforte (2,9%), mentre Londra ha contenuto le perdite al 2%. Anche l'ennesimo calo delle quotazioni del petrolio, arrivato sotto 50 dollari il barile, ha contribuito al nervosismo generale: in Piazza Affari, Eni è stata sospesa in asta di volatilità e ha chiuso in calo dell'8,3%. Una giornata che ha visto l'euro scendere ai minimi da cinque anni e mezzo, nettamente sotto quota 1,19 dollari, per poi chiudere a 1,1927 sul biglietto verde.

Torna a salire anche lo spread tra Btp e Bund, arrivato a 133 punti base (125 la chiusura di venerdì scorso) con un rendimento dei decennali italiani che è salito bruscamente all'1,85%, in attesa delle mosse della Bce sull'acquisto dei titoli di Stato. Il dato di ieri sull'inflazione tedesca, ormai alla soglia dello zero, alimenta ulteriormente le aspettative di un'azione in tempi rapidi per contrastare il rischio deflazione, come ha promesso Mario Draghi. Il 22 gennaio all'Eurotower si terrà la prima riunione di politica monetaria del 2015 e molti analisti si aspettano in quell'occasione l'annuncio del «quantitative easing», l'acquisto di titoli di Stato in grande stile: ma il futuro della Grecia, in quel momento, sarà ancora un'incognita. E tale rimarrà fino al 26 gennaio.

I sondaggi danno in vantaggio Syriza, il partito di sinistra guidato da Alexis Tsipras, che propone ai cittadini greci una revisione degli accordi di salvataggio in essere con la troika (Bce-Ue-Fmi) e un taglio del debito pubblico greco. Ma l'ultimo sondaggio condotto dalla società Rass, per conto del quotidiano Eleftheros Typos , contiene anche un altro messaggio rilevante, nel bel mezzo della bufera di affermazioni e smentite incrociate sulla possibilità di un'uscita di Atene dall'Euro: il 74,2% degli intervistati dice no all'abbandono dell'Eurozona e al ritorno alla dracma.

Ieri è arrivata anche, nettissima, la presa di posizione ufficiale di Bruxelles: secondo i trattati Ue, l'appartenenza all'euro è «irrevocabile». La questione in realtà è abbastanza controversa: è vero che il trattato indica l'irrevocabilità della fissazione del tasso di cambio della moneta nazionale, ma è anche vero che prevede la possibilità per uno Stato di recedere dall'Unione, cioè da tutti gli obblighi europei in un colpo solo.

Da Berlino, intanto, il portavoce della cancelliera Angela Merkel ha smentito ancora una volta Der Spiegel , che dava per accettabile la «Grexit» da parte del governo tedesco: Berlino non cambia posizione e non vuole che la Grecia esca dall'euro. Ipotesi che, in ogni caso, Syriza non ha mai preso in considerazione.

La vera questione è un'altra: il messaggio che la Germania vuole far arrivare ad Atene è che non saranno tollerate violazioni degli impegni presi con la troika in cambio dei piani di salvataggio del 2012 e tantomeno interventi unilaterali sul debito. Che vale 330 miliardi: il 60% è detenuto dalla Ue attraverso i fondi Efsf e Esm, di cui la Germania è l'azionista più pesante, il 12% è detenuto dal Fondo monetario internazionale, mentre la Bce possiede l'8 per cento.

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