Otto mesi di indagini e di approfondimenti, per poi arrivare ieri alla decisione: dissequestro delle partecipazioni della Lia, l'ex cassaforte di Gheddafi, in Unicredit e Finmeccanica. Le quote, un 1,25% nella banca e poco più del 2% nel gruppo aerospaziale, oltre a uno 0,5% nell'Eni, erano state sottratte alla disponibilità della Lybian Investment Authority nel marzo scorso, al culmine della guerra civile nel Paese nord-africano, in seguito a rogatorie emesse dalla Corte penale internazionale dell'Aia allo scopo di risarcire le vittime del regime del raìs. Nel luglio scorso, la Quarta sezione penale della Corte d'Appello di Roma aveva disposto lo scongelamento del pacchetto Eni, mentre si era riservata di stabilire se il fondo sovrano libico fosse l'effettivo proprietario dei pacchetti azionari in Unicredit e Finmeccanica.
Un dubbio che i giudici hanno sciolto ieri, dopo aver affidato alla Guardia di finanza il compito di accertare la titolarità delle azioni. «Sono molto soddisfatto del risultato raggiunto - ha dichiarato Mohsen Derregia, presidente della Lia - che riporta oltre un miliardo di euro di beni sotto il controllo del nuovo governo libico democraticamente eletto per conto del popolo libico. Ringrazio il comitato di sicurezza finanziaria del ministero dell'Economia e delle Finanze per tutto il supporto ricevuto al fine di risolvere tale questione». Secondo Derregia, l'ordinanza di ieri rappresenta un'importante pietra miliare per la Lia e dà ulteriore impeto «ai nostri sforzi di asset tracing ed asset recovery a livello mondiale. Sono inoltre soddisfatto - ha aggiunto il numero uno del fondo sovrano - che la Lia possa finalmente riassumere un controllo attivo sul proprio portafoglio di investimenti italiano».
Nei mesi scorsi, i legali della Lia avevano sostenuto che dopo la morte di Gheddafi il fondo sovrano era ormai totalmente sotto il controllo del nuovo governo di Tripoli, e che quindi doveva decadere l'ordinanza di congelamento delle quote disposta dall'Aja. Una disposizione con cui si intendeva anche evitare che la famiglia del dittatore potesse utilizzare le partecipazioni italiane per finanziare la guerra contro i ribelli.
La Libyan Investment Authority è un'agenzia che fa capo al governo libico e agisce come fondo sovrano per la gestione di una parte dei proventi derivanti dalla produzione di olio e gas per conto delle future generazioni libiche.
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