A mezzanotte si è chiuso l'aumento di capitale di Alitalia. I dati ufficiali si conosceranno oggi; finora sono certi i versamenti di Intesa, Atlantia, Colaninno (per metà della quota), Maccagnani, Pirelli. Esclusi invece, oltre a Air France, Toto, Unipol-Fonsai, Acqua Marcia e il gruppo Riva, commissariato; in mezzo, una serie di piccoli soci che non hanno dichiarato le proprie intenzioni.
Dovrebbero essere stati sottoscritti tra gli 80 e i 100 milioni sul totale previsto di 300. Oggi il presidente Roberto Colaninno e l'ad Gabriele Del Torchio, su delega del consiglio (che non è stato convocato) decideranno i tempi - presumibilmente una settimana - per la prima fase di sottoscrizione dell'inoptato, quella in cui i soci che hanno acquistato la loro quota di diritti potranno acquistarne altri. La seconda fase riguarderà le quote rimanenti, a disposizione anche di terzi, e che saranno versate in garanzia da Unicredit e Intesa per 100 milioni (65 già anticipati) e, in ultimo dalle Poste (75 milioni). Ma queste sottoscriveranno solo se si troveranno almeno 225 milioni già sottoscritti.
Quindi l'operazione (al momento di andare in stampa) è in bilico: conteggiando le sottoscrizioni in opzione e le banche, si arriva si e no a 200 milioni. Perché l'operazione vada a buon fine è necessario che in fase di inoptato arrivino altri 20-30 milioni.
Ieri si è diffusa ancora la notizia di colloqui aperti con Etihad, la ricca compagnia di Abu Dhabi che è appena entrata nel capitale della svizzera Darwin, a sua volta legata da accordi commerciali con Alitalia. Nei giorni scorsi una delegazione italiana è volata negli Emirati. Ma la novità, questa volta, è l'interesse degli arabi di unire, nello stesso pacchetto, una quota di Alitalia e una di Aeroporti di Roma, la seconda piattaforma incoming d'Europa. Da ambienti vicini ad Adr si raccolgono solo smentite di una voce ritenuta «fantasiosa». Ma, da un punto di vista finanziario-industriale, verosimile: si sa dell'interesse dei fondi sovrani degli Emirati per alcuni scali italiani, specie nel Nord. La «combinazione» Alitalia-Adr avrebbe il senso di bilanciare la profittabilità degli investimenti; tuttavia, dal punto di vista fattuale, l'operazione è meno realistica, perché se compagnia e aeroporto fossero riconducibili a un unico azionista, sarebbero sollevati problemi di concorrenza.
Air France, pur sfilandosi dall'aumento di Alitalia, resta sempre il primo partner commerciale e l'unico azionista aeronautico. L'impressione è che resti l'unico candidato a raccogliere la compagnia italiana, in un futuro non così lontano: appena le casse saranno nuovamente in affanno (perché 300 milioni finanziano un piano di sopravvivenza, ma sono pochi per un credibile piano di sviluppo). L'ad di Intesa Sanpaolo, Carlo Messina, ha ribadito che «Air France non è completamente fuori» e che «spazi per fare ragionamenti ci sono». In realtà i settori commerciale, informatico, di formazione e manutenzione di Alitalia sono tutti, o quasi, già in mano alla compagnia franco-olandese.
Un profondo conoscitore della compagnia italiana usa questa immagine un po' cruda: «Alitalia è un corpo che funziona con tubi collegati al cuore e ai polmoni che prendono vita da un altro corpo: questo corpo è Air France Klm». La quale, essendo titolare delle attività di manutenzione, è anche uno dei maggiori creditori di Alitalia (insieme a Gigas e Toto per gli aerei, all'Eni per il carburante, ad Adr e Sea per i servizi aeroportuali).
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