Mina derivati sulla Regione Piemonte

Ricorso della giunta Cota al Consiglio di Stato per 1,8 miliardi. L'udienza il 28 marzo, sentenza a metà aprile

Roberto Cota, presidente della Regione Piemonte
Roberto Cota, presidente della Regione Piemonte

Si apre un mese decisivo per la Regione Piemonte e il governatore Roberto Cota sul fronte dei derivati. Una spada di Damocle miliardaria - lasciata in eredità dall'ex presidente Mercedes Bresso - pesa infatti come un macigno sui bilanci della Regione. Oggi l'amministrazione si trova al bivio tra la possibilità di azzerare gli errori del passato e il rischio di un default tecnico. Tutto dipenderà dal verdetto del Consiglio di Stato atteso per metà aprile: secondo fonti finanziarie la Regione ha presentato ricorso dopo che il Tar Piemonte - con due sentenze depositate il 21 dicembre - ha dichiarato di non essere competente a giudicare sulla causa in corso con Biis (gruppo Intesa Sanpaolo) e Dexia Crediop. Una battaglia nella quale le banche contestano i provvedimenti con cui la Regione ha annullato in autotutela cinque contratti derivati per 1,85 miliardi stipulati nel 2007.
Una strategia intrapresa sulla scia di casi-scuola come quelli di Novara, Acqui Terme e della Provincia di Pisa per revocare gli atti di costituzione del derivato interrompendo anche il pagamento delle rate previste. L'emissione stipulata nel 2006 dalla Regione prevede il rimborso a scadenza in soluzione unica. Tuttavia, per questo tipo di obbligazioni, la legge imponeva la costituzione di fondi o di swap di ammortamento. Da qui nacquero i derivati che nel 2011, appena approdato in giunta, il presidente Roberto Cota fece passare al setaccio: il consulente li giudicò viziati da violazioni normative e costi occulti per oltre 460 milioni. Un verdetto che, dimostrando la mancata convenienza economica, spinse la Regione ad avviare la causa.
Per Cota l'appuntamento è fissato per il 28 marzo, data della prima udienza. Dopo di che il verdetto del Consiglio di Stato è atteso per metà aprile. Due gli scenari ipotizzabili: se Palazzo Spada dà ragione all'amministrazione, riapre il processo al Tar del Piemonte con una discussione nel merito favorevole all'ente; se invece il Consiglio respinge l'appello, la palla passa al giudice civile inglese. Questo perché in linea con la normativa internazionale in materia di contratti derivati (Isda Master Agreement), la Regione aveva concordato che anche i suoi contratti fossero regolati dalla legge inglese, con conseguente competenza delle Corti d'Oltremanica. Secondo le banche il giudice inglese ha già sentenziato la totale legittimità dei contratti di questo genere, ma per la Regione i giudici di Londra non si sono pronunciati sull'autotutela, e questo mantiene quindi la «caducazione» dei contratti.

Sulla base dei casi di questi ultimi anni al Piemonte rimarrebbero ancora due vie d'uscita: un accordo extra-giudiziale sullo stile di quello concluso dalla Regione Lombardia, o l'avvio di un processo penale sull'esempio milanese. In Italia, infatti, la giurisprudenza in casi analoghi non manca. Peccato solo che in mancanza di una legge ad hoc i giudizi varino caso per caso.

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