Quattro tavoli, quattro storie di crisi, quattro partite dalle quali lo Stato (e con lui i contribuenti) rischia di uscire sconfitto. Si tratta dei dossier bloccati da mesi riguardanti Mps, Autostrade, Alitalia e l'ex Ilva di Taranto.
Oggi l'assemblea dei soci del Monte dei Paschi di Siena si riunirà per delega per approvare il «piano Hydra», ossia lo scorporo di circa 8,1 miliardi di euro di Npl da cedere ad Amco, la bad bank controllata al 100% dal Tesoro. La mossa è propedeutica alla privatizzazione dell'istituto guidato dall'ad Guido Bastianini entro il 2022, manovra prevista dal piano di salvataggio approvato dalla Commissione Ue e dalla Bce. Il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, ha da tempo sul tavolo il decreto con cui il ministro dell'Economia, Roberto Gualtieri, dispone un ulteriore contributo di 1,5 miliardi alla banca per ridurre l'impatto sul patrimonio dello spin-off. Dopodiché le bozze circolate prevedono varie forme per la dismissione del 68% detenuto da Via Settembre: quotazione in Borsa, cessione diretta o fusione con un'altra banca (sia Unicredit che Banco Bpm sono state coinvolte dai rumor riguardanti il risiko). Il problema è che i Cinque stelle (in primis la presidente della commissione Banche, Carla Ruocco) spingono per trasformare Mps in un polo bancario di Stato nel quale coinvolgere la Popolare di Bari. E così il tempo passa senza che una decisione definitiva sia presa.
Più o meno la stessa situazione che si è determinata tra ministero dell'Economia, delle Infrastrutture, Cdp e Atlantia per il riassetto di Autostrade per l'Italia (Aspi). Il governo prima ha minacciato la revoca, poi ha siglato un'intesa per lo spin-off del'88% di Aspi detenuto dalla holding che fa capo ai Benetton e propedeutico all'ingresso della Cassa. Poi, quando Atlantia ha reso noto di voler procedere a condizioni di mercato, si è tornati alla minaccia di revoca con contestuale esposto alla Consob per i danni prodotti in Borsa. Ora Palazzo Chigi, da una parte rischia lo scontro con l'Autorità di Borsa, e dall'altra parte si ritrova in un cul de sac perché la revoca costa 23 miliardi di euro. E Acs, socio spagnolo di Atlantia assieme alla quale controlla il concessionario autostradale Abertis, è preoccupato delle ricadute iberiche del caos in Italia.
Non meno paradossale la vicenda Alitalia che un po' assomiglia a quella di Mps. Anche in questo caso c'è un decreto per la nascita della newco pubblica dotata di 3 miliardi di euro dal decreto Agosto. Il premier ha designato via social il presidente Francesco Caio e l'ad Fabio Lazzerini, ma ora manca il decreto per procedere alla costituzione della società che dovrà ricevere gli asset dall'amministrazione straordinaria di Alitalia guidata da Giuseppe Leogrande. Anche in questo caso la politica vuol mettere becco e il supercommissario ha chiesto altri 150 milioni al governo per non mettere gli aerei a terra.
Non migliore la situazione dell'ex Ilva di Taranto.
Il governo ha individuato Invitalia come soggetto pubblico che dovrebbe affiancare i franco-indiani di ArcelorMittal nella gestione dell'impianto siderurgico pugliese. Ma, come sottolineato dallo stesso ad di Invitalia Domenico Arcuri, ArcelorMittal non sta rispettando gli impegni di produzione e di occupazione. Trattare in queste condizioni è più difficile.
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