Sale la tensione sui mercati in vista delle elezioni di metà mandato negli Usa. Con le quali gli americani sono chiamati a rinnovare la totalità della Camera dei Rappresentanti del Congresso e un terzo del Senato. Il d-day è martedì 6 novembre. E sarà cruciale anche per Piazza Affari. I titoli di Stato americani, Treasury, rappresentano infatti un baluardo degli investimenti difensivi, a maggior ragione in tempi di incertezza come quelli attuali, senza considerare che Wall Street è una presenza fissa nei portagli degli investitori istituzionali al di qua e al di là dell'Oceano.
I programmi dei due fronti sono nettamente distinti. I democratici spingono per un sostanzioso incremento della spesa pubblica e puntano ad aumentare salario minimo e copertura sanitaria. I conservatori invece sono pronti a giocarsi come carta vincente la seconda puntata della riforma fiscale avviata dal presidente Donald Trump due anni fa, con l'inizio del mandato presidenziale. Gli osservatori politici prevedono una vittoria democratica alla Camera e il mantenimento della maggioranza repubblicana al Senato. Wen-Wen Lindroth, senior credit analyst di Fidelity International, attribuisce a questo scenario una probabilità del 73%, mentre un pieno conservatore è visto al 13% e una vittoria del partito dell'asinello al 12%. Inverosimile, infine, l'ipotesi di Congresso repubblicano e Senato democratico.
Una divisione dei due rami del Congresso non sarebbe un fattore di particolare allarme sui mercati. «Sarà semplicemente improbabile che leggi degne di nota superino il vaglio del Congresso, e presto le due parti inizieranno a mettere nel mirino le Presidenziali del 2020» sostiene DoubleLine Capital, secondo cui «ciò che conterà sarà il proseguo delle politiche fiscali e monetarie, l'andamento degli utili societari e lo sviluppo dei rapporti commerciali». Amundi sottolinea poi come, in ogni caso, «il contesto economico rimarrà solido, caratterizzato da un surriscaldamento dell'economia e dal miglioramento dell'output gap (differenza tra prodotto interno effettivo e potenziale ndr)». Anna Stupnytska, global economist di Fidelity International entra nel dettaglio: «Il Pil Usa subirà un arresto, scendendo al di sotto della previsione di Bloomberg del 2,5% nel 2019 e dell'1,9% nel 2020, a causa dell'attenuarsi degli stimoli fiscali», mentre «l'inflazione rimarrà appena sopra il target del 2019, con il dato core dell'indice dei prezzi al consumo al 2,4%». Questa combinazione «di crescita rallentata e inflazione ragionevolmente ancorata» porta Fidelity a ritenere che la Fed metta in pausa il ciclo rialzista e si limiti, nel prossimo futuro, a due soli rialzi dei tassi di interesse (uno a dicembre e uno nella prima metà del 2019).
In simile scenario, sempre a giudizio del gruppo attivo nella gestione di fondi, i rendimenti sui Treasury decennali si attesterebbero intorno al 3,2% e si assisterebbe al deprezzamento del dollaro, senza spostare, se non nel breve, i listini azionari (nell'immediato tuttavia una vittoria importante dei democratici alla Camera potrebbe penalizzare i corsi di Wall Street).
Il mantenimento del controllo del Congresso da parte dei Repubblicani per Fidelity «sarebbe visto positivamente dal mercato azionario grazie alla possibilità di un altro ciclo di taglio delle tasse, anche se la prospettiva di un aumento dell'inflazione e dei tassi di interesse potrebbero portare ad un contro bilanciamento nel medio termine».
Questo scenario favorirebbe poi il rafforzamento del dollaro posto che, come evidenziato da Amundi, «l'adozione di ulteriori riforme fiscali potrebbe tradursi in flussi di capitali nei mercati azionari e obbligazionari americani».Un cappotto democratico invece, secondo Fidelity, sarebbe «uno scenario poco amichevole per i mercati, con l'azionario e il dollaro rallentati, mentre il mercato obbligazionario subirebbe un rialzo».
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