I trasporti e la logistica sembrano essere finalmente tornati al centro delle politiche infrastrutturali ed economiche del Paese, a giudicare dalle nuove linee guida indicate, nell'allegato Infrastrutture del Documento di economia e finanza, dal Governo che sembra aver compreso la necessità di seguire un unico disegno coerente, come da sempre ribadito da Conftrasporto che ha indicato anche i «passaggi obbligati»: l'accessibilità territoriale, la dimensione urbana della mobilità, le possibili sinergie tra turismo e trasporti e la promozione dell'intermodalità. Strategie indicate nel Rapporto sulle economie territoriali dell'Ufficio studi di Confcommercio presentato lo scorso mese nel Forum a Cernobbio; concetti ribaditi all'Università di Novara che l'8-9 aprile ha ospitato gli stati generali della logistica del Nord Ovest, nel convegno «Tra porti e valichi, lo sviluppo passa da qui».
Un appuntamento che ha evidenziato l'indissolubile rapporto causa effetto che passa tra l'accessibilità e la possibilità di crescere. Alcuni esempi? La deludente performance economica dell'Italia, cresciuta nel 2015 meno del previsto e meno dei competitor, è in gran parte conseguenza diretta degli ostacoli strutturali. Basti pensare che se tutte le regioni italiane avessero potuto contare sul livello di accessibilità del Piemonte, il più alto nel Paese, il Pil nel 2015 sarebbe cresciuto di 85,1 miliardi (+5,9%). E se dalla terraferma ci si sposta in mare, il quadro non cambia: l'Italia parte con un handicap, «certificato» da una ricerca sul trasporto intermodale mare-ferro che ha confrontato tempi e costi della movimentazione di un container di 40 piedi da Shangai a Monaco di Baviera, attraverso diversi scali. Ne è emersa la maggiore competitività dei porti di Rotterdam e Anversa: un handicap che costa all'Italia mancati introiti per 6,4 miliardi l'anno a cui sommare 5,5 miliardi di minore indotto economico.
*Presidente Fai Conftrasporto
e vicepresidente Confcommercio
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