Lo scheletro nell'armadio di Angela Merkel

Nel progetto di supervisione comune delle banche europee sono state escluse le Ländesbanken, salvate dalla Cancelliera e co-responsabili della crisi economica

Lo scheletro nell'armadio di Angela Merkel

di Alfonso Ricciardelli (tratto e tradotto dal sito thestrasbourger).

Nello scorso dicembre, il Consiglio Ue ha approvato il progetto di supervisione comune delle banche europee preparato dalla commissione. Tuttavia, gli stati membri hanno trovato un accordo per escludere le banche con “asset” inferiori a 30 miliardi di Euro dai poteri investigativi della BCE, lasciandole sotto l’egida dei supervisori nazionali.

Questa esclusione rappresenta – allo stesso tempo - una vittoria della diplomazia tedesca e un rischio micidiale per il futuro dell’Eurozona. Tra le banche escluse dalla supervisione comune, infatti, vi sono le “Ländesbanken”, uno dei segreti più gelosamente custoditi del sistema bancario tedesco. Costruite per realizzare l’ideale tedesco del sozialmarkt wirtschaft – la via tedesca al capitalismo – queste istituzioni finanziarie sono state per lungo tempo garantite con capitale pubblico, che ha consentito di mantenere la cosiddetta “tripla A” e un accesso ai finanziamenti comodo e a basso costo. Ciò, peraltro, in palese violazione del diritto comunitario.

L’incongruenza fu per la prima volta svelata da Mario Monti, all’epoca commissario alla concorrenza, che lanciò un’investigazione per violazione delle norme sugli aiuti di stato: la materia fu affrontata dal punto di vista dell’alterazione della concorrenza da parte di un’istituzione finanziaria (una di queste Ländesbanken, la West LB) che beneficia di aiuti pubblici e altre (banche tedesche o straniere) che devono fare ricorso esclusivamente ai finanziamenti privati.

L’investigazione divenne immediatamente “politica”: smantellare il sistema delle Ländesbanken significava mettere in discussione il fondamento del sistema industriale tedesco e quindi il governo teutonico trattò ferocemente, garantendosi quattro anni di moratoria prima di doversi mettere in regola.

Durante questi quattro anni, le Ländesbanken acquistarono la peggiore spazzatura finanziaria in circolazione nel nostro continente. Allo stesso tempo, le banche tedesche lasciarono sostanzialmente invariata la quantità di finanziamenti offerti alla cosiddetta “economia reale”. Titoli di banche islandesi, titoli di stato di altri paesi dell’Eurozona, cartolarizzazioni di mutui sub-prime, cartolarizzazioni di mutui irlandesi: fino al 2008, nessun prodotto finanziario scadente è stato risparmiato dalla frenesia di acquisti delle Ländesbanken. Particolarmente pericolosi per il sistema furono gli investimenti nei debiti sovrani degli stati periferici dell’Eurozona.

Il risultato di questa frenetica attività è stato che - nel 2008 - una di queste istituzioni aveva un’esposizione dieci volte superiore al suo capitale. In pochi sanno che Angela Merkel è stata tra i primi leaders in Europa a dover salvare le sue banche. Ancora meno persone immaginano che l’esposizione delle Ländesbanken rispetto al debito greco costrinse i tedeschi ad approcciare il problema ellenico dal punto di vista dei creditori insoddisfatti.

Il pacchetto approvato dall’Unione Europea affida alla BCE la sorveglianza sulle banche che possono produrre potenzialmente “rischio sistemico”: in altre parole, le grandi istituzioni finanziarie non saranno più controllate dalle autorità nazionali – che hanno dimostrato durante la crisi incapacità di cooperazione tra loro e tendenza a mantenere i “segreti”– ma dalla BCE. In questo contesto, l’esclusione delle Ländesbanken dalla supervisione comune è stata accolta come una sorpresa: pur non essendo “grandi”, queste istituzioni sono state tra le concause della crisi.

Purtroppo, poiché l’Eurozona funziona come un summit permanente delle diplomazie dei vari paesi e non come uno stato democratico, i diktat del più forte tendono a prevalere. Il motivo per cui nessuno Stato può opporsi alle condizioni proposte dalla Germania è che quest’ultima ha la chiave dei forzieri: ogni iniezione di liquidità della Banca Centrale Europea si fa – sostanzialmente – con i soldi della Germania, ed è quest’ultima che ha maggior potere negoziale quando si discutono regolamenti di carattere finanziario.

Il problema è che in questo modo si raggiungono compromessi sbagliati e rischiosi che possono potenzialmente portare a una nuova crisi, invece di ragionare insieme per trovare una soluzione duratura che sia la “migliore” possibile.

È giusto puntare su una gestione ferma della spesa pubblica, su tagli agli sprechi e sul rigore finanziario, come suggeriscono i tedeschi: tuttavia, bisogna riflettere profondamente

sulla futura governance dell’Eurozona, per evitare i rischi che i “compromessi diplomatici” aprano la strada a soluzioni di “policy” sostanzialmente prive di legittimazione nella forma e inadeguate nella sostanza.

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