S'infiamma la Mondadori: in Borsa +38% in un mese

Il valore del gruppo è cresciuto di 100 milioni. L'ipotesi di un'operazione con Mediaset per difendersi da Vivendi

Cinzia Meoni

Mondadori inizia il 2017 con un rally del 9,3% in Borsa e arriva a quota 1,28 euro. In un mese la società editrice ha guadagnato il 38%, di cui gran parte (il 28% circa) nelle ultime cinque sedute.

Un balzo ricollegabile all'ingresso, a fine novembre, nel segmento Star di Borsa italiana e, di conseguenza, dal riposizionamento dei fondi che replicano l'indice, oltre che dalle recenti acquisizioni del gruppo, da Banzai a Rcs Libri, che hanno rafforzato la leadership di Mondadori nel panorama editoriale del Paese. Ma non mancano voci speculative. «Il mercato sta accendendo il faro anche su un'altra ipotesi, ovvero che la difesa di Mediaset (controllata da Fininvest con il 38,2%) dalla scalata ostile di Vivendi possa passare anche da Mondadori, controllata sempre da Fininvest con il 50,4% del capitale. Un'aggregazione tra le due realtà della galassia della famiglia Berlusconi potrebbe diluire il peso dei francesi in un ipotetico nuovo polo media e accrescere, parallelamente, quello di Fininvest» sostiene Vincenzo Longo di IG, per poi aggiungere: «In questo ipotetico scenario, maggiore è la valorizzazione di Mondadori, maggiore è diluizione prospettabile per i francesi».

Sui valori attuali Vivendi ridurrebbe la propria presa dal 28,8% verso il 25-26%, mentre Fininvest rafforzerebbe la sua quota attuale oltre il 40%. In ogni caso si tratta di uno scenario che non trova conferme e anche di difficile realizzazione considerando che dovrebbe essere approvato da un'assemblea straordinaria degli azionisti di Mediaset dove il gruppo di Vivendi ha ormai raggiunto il 29,4% dei diritti di voto.

Il titolo Mediaset nel frattempo rimane in tensione, fino a chiudere in rialzo dell'1% a 4,15 euro anche se con volumi tutto sommato sotto tono, sulle indiscrezioni di Le Figaro riprese ieri dal Corriere della Sera secondo cui alcuni azionisti storici del Biscione si starebbero muovendo a difesa dell'italianità del colosso tv di fronte all'avanzata del gruppo di Vincet Bolloré. Poco prima di Natale, Silvio Berlusconi, fondatore del gruppo, aveva infatti dichiarato: «Per arrivare al 51% io spero che quei comitati per la difesa dell'italianità di Mediaset possano portarci a contare sul voto di circa il 20% dei titoli che sono nelle mani di differenti azionisti». L'appello, secondo appunto queste fonti di stampa, potrebbe non esser rimasto inascoltato. Fonti informate sulla situazione gettano comunque acqua sul fuoco e smentiscono che una simile tesi abbia un qualche fondamento.

L'unica certezza è che dopo l'exploit registrato da Mediaset nell'ultimo mese (il titolo ha guadagnato l'80% ed è stato scambiato il 52% del capitale), il flottante del gruppo si ormai è ridotto al lumicino: i due azionisti di riferimento hanno in mano il 67% del capitale, se poi si aggiungono le azioni proprie detenute da Mediaset (pari al 3,79% del gruppo), il capitale immobilizzato tocca il 70,8%.

Oltre a questo, a fine ottobre, si registrava la presenza nel Biscione di un altro 18,8% del capitale di istituzionali tra cui Lazard con il 5,6%, Mackenzie Financial con il 2,7% Norgers Bank con l'1,8%, Rothschild all'1,6%, River and Mercantile Am all'1,35%, Axa Investment all'1,3%. Se questi dati fossero confermati, sul mercato rimarrebbe quindi poco più del 10% di flottante suddiviso tra piccoli azionisti.

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