Stati Uniti e Cina di nuovo in guerra Ma sulle gomme

Negli Stati Uniti, ma anche in Europa, acquistare uno pneumatico per auto di matrice cinese costa, in media, fino al 30% in meno. Alla convenienza economica, però, non corrisponde ancora una resa chilometrica ottimale. Non mancano, poi, i problemi di affidabilità. Chi guarda al prezzo di listino e ai super sconti, soprattutto nei tempi di crisi, chiude colpevolmente un occhio sulle questioni legate alla sicurezza e al rispetto dell’ambiente. E così a soffrire è l’industria occidentale, e americana in particolare. Una situazione, questa, che ha portato la Casa Bianca a dichiarare guerra agli pneumatici per auto e camion di provenienza cinese, applicando pesanti dazi aggiuntivi sull’importazione allo scopo di «porre rimedio all’evidente disgregazione della industria degli pneumatici Usa», determinata dai prodotti a minor costo provenienti, appunto, da Pechino. La misura difensiva consisterà in una pesante imposizione doganale, del 35% nel primo anno, ma destinata a ridursi in quelli successivi: 30% il secondo e 25% per il terzo anno. Il tutto si sommerà al dazio attuale, limitato al 4 per cento.
Le nuove regole annunciate da Barack Obama saranno effettive dal 26 settembre e hanno subito infiammato i rapporti con Pechino, che ha accusato gli Usa di un abuso protezionistico che produrrà ripercussioni negative in vista del prossimo G20 di Pittsburgh e con effetti deleteri sulla ripresa globale.
«Nel 2008 le esportazioni degli pneumatici dalla Cina agli Usa sono cresciute del 2,2% sul 2007 e, nella prima metà di quest’anno, sono calate del 16% sotto il profilo tendenziale», ha rilevato Yao Jian, portavoce del ministero del Commercio della Repubblica Popolare. «A questo punto - ha concluso - si riserviamo l’esercizio di tutti i nostri legittimi diritti, compreso un ricorso alla Wto. Non solo la decisione americana viola le regole dell’Organizzazione mondiale del commercio, ma anche gli impegni presi dagli Stati Uniti al vertice finanziario del G20». La Cina è consapevole che l’economia Usa non può permettersi di spezzare il filo con Pechino, partner strategico e commerciale fondamentale, nonché maggiore finanziatore dell’ormai colossale debito di Washington.
«È semplicemente un irrobustimento delle norme sulla strada della creazione di un sistema commerciale che si basi su queste regole uguali per tutti», ha cercato di spiegare in serata un portavoce del governo Usa. Dietro la mossa dell’amministrazione Obama c’è la forte preoccupazione per l’andamento del settore industriale nazionale e anche la rivendicazione dell’organizzazione sindacale metalmeccanica: le importazioni di pneumatici sono triplicate dal 2004, con gli inevitabili effetti di chiusura di fabbriche e la perdita di 5.100 posti di lavoro nel Paese.
«Per troppo tempo i nostri lavoratori - ha affermato il presidente della Usw International, Leo Gerard - sono stati penalizzati a causa delle cattive politiche commerciali e dell’inerzia del governo».


Obama aveva tempo fino al 17 settembre per prendere una decisione in merito. L’opzione è dunque stata quella di non scontentare i sindacati Usa, che avevano indicato nel «dumping» cinese il motivo della grave crisi del settore.

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