In tre pronti a mangiarsi i prosciutti Parmacotto

In tre pronti a mangiarsi i prosciutti Parmacotto

Parmacotto, un altro colosso dell'alimentare italiano in difficoltà, sta per finire sul mercato. Da settimane il fondatore e proprietario Marco Rosi (58,40%), cavaliere del Lavoro che a 19 anni chiese l'emancipazione giudiziale per avviare un'azienda alimentare con il fratello Antonio, è alla ricerca di un partner che possa risollevare le sorti dell'azienda di salumi nata sul finire degli anni '80. In corsa ci sarebbero gruppi anche esteri. Il che rischia di annoverare la Parmacotto tra le tante aziende dell'alimentare made in Italy finite nei portafogli dei competitor d'Oltreconfine (Carapelli, Buitoni, Galbani...). Al momento, secondo indiscrezioni, sarebbero in corsa la Levoni di Mantova, la spagnola Campofrio, che fa capo al colosso cinese Shuanghui International Holdings (e che possiede già Fioruccci), e Francesco Amadori, patron dell'omonima industria delle carni di Cesena. Sul mercato potrebbe finire l'intero gruppo o solo un'importante partecipazione. E il valore, secondo una stima del 2012, potrebbe aggirarsi intorno ai 130 milioni. Indipendentemente dall'entità della cessione, la cosa certa è che chi comprerà la storica azienda dovrà «permetterselo». Parmacotto, infatti, è finanziariamente in difficoltà. Non è bastato - a quanto pare - il legame con il territorio prima, l'avventura americana poi (anche con Eataly di Oscar Farinetti), né tantomeno avere tra gli azionisti la merchant bank Simest (15,6%). Quest'anno l'azienda non ha approvato il bilancio 2013, ha un collegio sindacale mezzo dimissionato e un debito con le banche da 75 milioni (24 finanziari tra cui Intesa Sanpaolo, Unicredit e Mps). Un'esposizione nata sulla scia di un piano d'investimenti fatti per la rete all'estero: Usa, Francia e Germania. E che, evidentemente non sta dando il ritorno atteso. Sì, perché leggendo l'ultimo bilancio disponibile (2012) sembra che il problema non sia il mercato italiano. Nel 2012 i ricavi dalle vendite si sono attestati, infatti, a 119 milioni (+1,1%): fatturato Italia 99,9 milioni; Ue 13,9 milioni ed extra-Ue 5,8 milioni. Inoltre, le controllate Parmacotto France e Deutschland hanno un patrimonio netto negativo.

Al conto in sospeso con le banche vanno anche aggiunti gli impegni finanziari per l'acquisto, nel 2007, del Salumificio Piacenti e quelli di Rosi, che entro il 2016 dovrà trovare i soldi per riacquistare - da Simest - il 15,6% del capitale di Parmacotto, in mano alla banca dopo l'aumento da 11 milioni del 2011.

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