«Anche Roma ha avuto il suo Festival rock’n’roll. Lo spettacolo era tra i più squallidi che si potessero vedere. I vari Ghigo, Little Tony, Guidone, Lydia la Gatta non erano né contorsionisti né cantanti: un ridicolo e sguaiato agitarsi e un urlare inutile. Come prenderli sul serio? Nei giovani italiani c’è sufficiente autonomia di comportamento e di giudizio per rifiutare le volgarità e fiutare l’inganno». Il comunicato di un gruppo di vecchi bacchettoni? Assolutamente no, al contrario un piccato articolo della rivista della FGCI Nuova Generazione, in risposta al concerto al cinema Maestoso di Roma del 1957. Il Partito Comunista contro il rock? Altri tempi, altra Italia come ben racconta il volume R’n’R Italian Way (Marilisa Merolla, pagg. 168, Coniglio Editore, 24 euro). Il Pci allora usciva da un terribile sconquasso; la rottura col Psi, la prospettiva dell’isolamento e ora quel sound strumento privilegiato «del nemico americano e del suo modello culturale».
Gli Usa avevano scatenato, partendo da Napoli, una vera «Guerra Fredda del jazz» ma il rock era più pericoloso. Il jazz (tollerato persino da Kruscev) faceva impazzire Napoli, dove arrivavano periodicamente Louis Armstrong, i Platters, i Four Aces per sostenere la propaganda sonora nel Mediterraneo. Non solo suoni «cattivi» ma anche capelli col ciuffo, blue jeans, whiskey; bisognava lottare contro questa invasione che allontanava dal partito i giovani in crisi d’identità, che da mesi dibattevano sulla loro rivista sul tema: «alla ricerca del giovane d’oggi».
Il più illuminato fu Sandro Curzi che, sempre su Nuova generazione, dopo il primo concerto rock milanese, quello storico a Palazzo del ghiaccio assalito da 7mila fan, scrisse: «Sia chiaro che non abbiamo niente contro il r’n’r, che piace ai giovani perché permette loro si sfogare le energie represse e accende l’elementare stimolo agonistico che li spinge a far meglio degli altri». Curzi - pro domo sua - andava al cuore del problema con un j’accuse contro la Dc e i politici che «non hanno offerto ai giovani la possibilità di inserirsi nella vita produttiva e sociale, mettendoli fuori gioco dalla democrazia e dalla politica». Risultato? La fuga verso il rock che, secondo i vertici comunisti «danna corpi e anime» (ma non è quello che dicevano i benpensanti che organizzavano roghi di dischi in America?).
E così su Vie nuove si irrideva Elvis Presley «che ha inventato una mimica sporcacciona: il suo segreto sta solo in questo, non nei ritmi ma nel muovere le parti inferiori come si fa nei varietà d’infimo ordine o nei bordelli».
In ogni caso una parte del Pci cominciò ad abituarsi al nuovo fenomeno (negli anni ’70 addirittura lo cavalcò piegandolo disinvoltamente a simbolo culturale della sinistra) e gli urlatori, come Tony Dallara, cominciarono ad esser visti con occhio diverso. Piuttosto si attaccavano «i mali del capitalismo» incarnati dagli interessi economici delle case discografiche, ma anche i il Pci capì che per tenere il passo doveva «suonare» il r’n’r, che cominciò ad impazzare alle Feste dell’Unità, finchè la federazione di Modena aprì la prima discoteca della città.
La Rai dell’epoca, a monopolio Dc, sembrava più aperta alle nuove tendenze, anche se preoccupata di conciliare i suoni americani con la più rassicurante canzone nazionale. I palinsesti musicali partirono alla radio nel ’59 con Il discobolo, che trasmetteva le maggiori hit internazionali, accoppiato al parodistico (la Gialappa’s dell’epoca) Se io fossi il Discobolo. Poichè nel 1961 il mercato del disco arrivò a vendere 18 milioni di dischi (l’80 per cento di musica leggera) la tv dedicò sempre più spazio - in programmi come Il musichiere, Canzonissima, Studio Uno - alle star della canzone varando poi Alta pressione (16 settembre 1962) sul neonato secondo canale, ambientato in una sala da ballo dove si esibivano artisti come Rita Pavone e Gianni Morandi. Nella visione d’insieme di quel periodo il più equilibrato fu Gianni Rodari che scrisse: «Non si può dire che in Italia l’american way of life abbia convinto.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.