Roma - Meno generali, più operatività e tecnologia. Il personale militare dovrà scendere nel tempo da 190.000 a circa 150.000 unità. E da subito si dovrà rinunciare anche a qualche supercaccia. Il Consiglio dei ministri ha dato il via libera al progetto di riforma della struttura militare del ministro della Difesa, Giampaolo Di Paola che il premier, Mario Monti, ha definito «un’importantissima riforma strutturale e strategica anche al punto di vista economico».
In tempi di crisi pure alla Difesa tocca rivedere le priorità, puntando alla valorizzazione delle, poche, risorse a disposizione. L’ammiraglio Di Paola, anche prima di diventare ministro, sapeva dove ridurre e dove invece potenziare con la consapevolezza che i sacrifici saranno inevitabili e per molti difficili da digerire. Il ministro fa dunque appello al patriottismo e cita Antonio Gramsci nel confermare la necessità dei tagli.
«Come disse Gramsci per essere cosmopoliti bisogna prima avere una patria - dice Di Paola - Per essere più europei nella Difesa domani bisogna essere più italiani oggi. Questa riforma è necessaria e non può più attendere».
Il ministro entrerà nel dettaglio oggi, illustrando il progetto alle commissioni Difesa di Camera e Senato, ma il senso della riforma è chiaro. «In Europa ogni cento euro di ricchezza 1,6 va alla difesa, in Italia 90 centesimi - precisa il ministro - Ma mentre nel resto d’Europa quella cifra viene impiegata al 50 per cento per il personale e per il 50 all’operatività, in Italia il 70 per cento va al personale e resta soltanto il 30 per l’operatività». Questo rapporto va riequilibrato. E anche se Di Paola non ha parlato di cifre, che invece darà oggi in Commissione, sicuramente il ridimensionamento colpirà un po’ a tutti i livelli ma in particolar modo i gradi più alti. Le stime riferiscono un altissimo numero di esuberi tra gli ufficiali, circa 4.000. Tra i marescialli sarebbero 7.000 e 16.000 tra i sergenti. Tra colonnelli, generali e ammiragli la dieta prevederebbe un taglio di 400 unità. L’ipotesi è quella di riconvertire, per quanto possibile, nel civile e nelle altre amministrazioni.
I tagli saranno inevitabili anche nel settore degli armamenti. A cominciare dai chiacchieratissimi F-35. Era prevista l’acquisizione di 131 caccia ma molto probabilmente l’ordinazione si ridurrà di una trentina di unità. I primi tre caccia sono stati acquistati al costo di 80 milioni di euro ciascuno. «Questo programma è stato riesaminato come gli altri - assicura Di Paola - ma rimane un impegno importante dal punto di vista tecnologico industriale, delle capacità produttive e occupazionali».
Ma che cosa pensano gli italiani dei tagli alla Difesa? Le forze armate godono ancora di una grande fiducia da parte dei cittadini. Lo conferma un sondaggio dell’Ispo, l’Istituto di Renato Mannheimer, che il 2 e il 3 febbraio ha intervistato un campione rappresentativo di italiani proprio su questo tema. Il dato che subito colpisce è quello che riguarda appunto il grado di fiducia degli italiani nelle forze armate: 77 per cento, appena un punto sotto il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, attestato al 78. Dati che vanno confrontati con quelli della fiducia nel governo di Monti, 60 e della Ue, 42. Ma soprattutto con il 18 per cento di fiducia nel Parlamento e addirittura con il tragico 8 nei partiti. Non solo.
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