Arabia Saudita, donne nella Shura Ma le pari opportunità sono lontane

Un decreto reale apre alla presenza di membri donne nell'Assemblea consultiva. Ma le possibilità per la popolazione femminile sono ancora molto limitate

Musulmani davanti alla tomba di Maometto alla Medina
Musulmani davanti alla tomba di Maometto alla Medina

In Arabia Saudita è in atto un lento cambiamento. La monarchia di Abd Allah non è di certo tra le più permissive per quanto riguarda i diritti delle donne, distante dai canoni diffusi nel mondo occidentale. Ma negli ultimi anni piccole concessioni stanno ampliando le possibilità concesse a una sottomessa popolazione femminile.

Un decreto reale approvato oggi permetterà alla popolazione femminile di prendere parte al Consiglio Consultivo della Shura. I 150 membri vengono nominati dal monarca. Tra di loro, da questo momento in poi, ci sarà un venti per cento costituito obbligatoriamente da donne.

Una piccola concessione nella partecipazione alla vita pubblica non fa però dell'Arabia un Paese in cui i diritti della donna siano pienamente riconosciuti. E anche la presenza di una componente femminile nella Shura va temperata: all'interno del Consiglio uomini e donne saranno separati ed entreranno da porte diverse, per evitare ogni commistione.

Human Rights Watch, ong che si occupa di vigilare sull'applicazione dei diritti umani a livello internazionale, sottolinea in un recente articolo le limitazioni che ancora sembrano lontane dal cadere. Le donne, in Arabia Saudita, hanno lo stesso status di un minorenne.

Non possono studiare, guidare e decidere sulla propria educazione. Allo stesso modo - senza il permesso di un "guardiano" - non possono neppure allontanarsi dal Paese. Lo sport è un altra delle attività in cui la popolazione femminile è estremamente limitata. Tuttavia due donne - le prime nella storia - hanno partecipato alle ultime Olimpiadi di Londra.

Sempre Human Rights Watch sottolinea gli sforzi (insufficienti) del governo per favorire una maggiore partecipazione delle donne alla vita pubblica: possono ottenere licenze per praticare l'avvocatura, aprire studi a proprio nome e difendere i clienti in aula.

Ma una concessione teorica si scontra con un altro dato: la disoccupazione femminile tocca il 34%. E anche chi ottiene un titolo di studio difficilmente trova lavoro in una società che ancora fatica a recepire le piccole modifiche introdotte dalla monarchia.

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