I primi voti scrutinati delle presidenziali in Kenya danno in leggero vantaggio Uhuru Kenyatta, uno dei figli del fondatore Jomo, capo di Stato dopo l'indipendenza della Gran Bretagna. Peccato che il vice premier, fra i 25 uomini più ricchi d'Africa, sia accusato dal tribunale internazionale dell'Aja di crimini contro l'umanità. Nel 2007, alle precedenti elezioni, avrebbe aizzato e pagato le milizie in una mattanza che provocò 1100 morti. Per la prima volta si rischia che un incriminato dall'assise dell'Onu venga eletto democraticamente.
Con il 5% dei voti scrutinati Kenyatta ha 420mila preferenze (57,54%) e il suo rivale il premier in carica, Raila Odinga 280mila (38,65%). Gli elettori sono circa 14 milioni. Forse si andrà al ballottaggio, anche se il favorito sembrava Odinga.
La curiosità è che per il posto di governatore nella contea di Slaya corre Abon'go Malik, fratellastro musulmano del presidente Usa Barack Obama.
Non solo: il voto nel paradiso delle vacanze degli italiani è stato macchiato di sangue. Diciassette persone sono rimaste vittime di violenze in varie zone del Paese. La notte precedente il voto a Mombasa, una pattuglia della polizia è stata fatta a pezzi a colpi di machete da 200 giovani. A Kilifi, che dista solo 60 chilometri da Malindi, meta dei turisti italiani, hanno preso d'assalto un seggio e si registrano 5 vittime. «Mrc. La costa non è Kenya. Non vogliamo le elezioni, ma il nostro Paese» si legge su un volantino lasciato sul luogo del delitto. Il Consiglio repubblicano di Mombasa (Mrc) è un movimento separatista radicale che vuole la secessione della costa tanto amata dagli italiani. I suoi capi sono stati sbattuti in galera. Il portavoce del movimento ha smentito il coinvolgimento nelle violenze, ma la polizia punta il dito contro i miliziani dell'Mrc.
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