Roma - Un trattativa diretta tra i rapitori e i familiari. Un riscatto, forse, in parte già pagato. Un blitz ordinato dal governo britannico al quale avrebbero preso parte più di cento soldati e alcuni mezzi blindati. La storia della morte dell’ingegnere italiano Franco Lamolinara e del suo collega inglese Chris Mc Manus, trucidati in una casa nell’area di Mabera a Sokoto in Nigeria giovedì scorso, è ancora tutta da scrivere. Difficile rintracciare il filo della verità nel complesso intreccio delle tante versioni fornite dagli attori di questa tragedia.
L’ultimo particolare emerso è quello di un contatto diretto, una telefonata almeno, tra i sequestratori e la famiglia di Lamolinara. La trattativa era iniziata subito dopo il rapimento nel maggio scorso ad opera di un gruppo islamico locale. All’inizio soltanto con la famiglia inglese. A raccontare i particolari una fonte di Al Qaida e del gruppo locale Boko Haram, quest’ultimo però ha più volte ribadito di non essere coinvolto nella morte dei due ostaggi ma invece nelle trattative per la loro liberazione.
Il racconto ripreso dall’agenzia di stampa mauritana Ani e dalla stampa britannica dovrà essere confermato o smentito dal capo del Foreign Office William Hague. Il portavoce di Boko Haram sostiene che da settimane si era aperto un canale con i familiari di Mc Manus. La richiesta era partita da 5 milioni di euro ai quali si doveva aggiungere la liberazione di alcuni detenuti nella regione. Le trattative sono andate avanti e ad un certo punto i rapitori e avrebbero abbassato il tiro e sarebbero entrati in gioco i familiari di Lamolinara. «Alla fine era stato trovato un accordo - ha detto la fonte che non viene identificata da un nome -. Le famiglie insieme dovevano pagare un riscatto di un milione e 200mila euro. La trattativa era privata, i governi ne erano fuori». Dunque di fronte alla linea dura degli inglesi i rapitori avrebbero abbassato il tiro delle richieste, includendo nello scambio anche l’italiano senza «sovrapprezzo».
Un mediatore avrebbe confermato che ci sarebbe stato uno scambio di informazioni con i rapitori, ai quali i familiari hanno chiesto una prova dell’esistenza in vita dei due uomini. L’inglese doveva dire dove aveva trascorso la sua luna di miele mentre a Lamolinara era stato chiesto di dire dove avesse incontrato sua moglie. Arrivate le risposte corrette, Manchester per il primo e Roma per il secondo, la trattativa era andata avanti fino al pagamento di una prima tranche del riscatto. I due ingegneri, secondo la fonte, stavano per essere liberati e il resto sarebbe stato consegnato dopo il rilascio.
Su questo punto non esiste ancora una versione ufficiale ma fonti del Foreign Office hanno seccamente smentito che sia mai stato pagato un riscatto o un anticipo. È ipotizzabile però che l’intelligence sapesse ma che in questo caso avesse deciso di non intervenire qualora i familiari avessero deciso di pagare. Ma le autorità inglesi precisano che nessuna richiesta coerente è mai arrivata da parte dei rapitori e che non esisteva alcuna indicazione di un’imminente rilascio dei due ostaggi.
Eppure questa è la tesi sostenuta non soltanto da Boko Haram ma anche da alcuni amici di famiglia di Lamolinara, anche se indirettamente visto che si erano detti speranzosi rispetto ad un ritorno a casa dell’ingegnere che «avrebbe festeggiato la Pasqua a casa». Che cosa è successo? Che cosa è andato storto? Per i servizi inglesi le cose stavano prendendo una direzione pericolosa. Gli ostaggi stavano per essere trasferiti o addirittura uccisi, certamente non liberati e dunque occorreva intervenire subito.
Tra gli arrestati, in carcere nella capitale nigeriana Abuja, uno avrebbe confessato di essere l’autore materiale del duplice omicidio: «Abbiamo ucciso gli ostaggi perchè non eravamo certi che saremmo sopravvissuti all’attacco».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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