Eppure, sarebbe bastato andare al cinema… Chi voglia capire come e perché l’operaio rosso abbia finito per diventare nero non ha che andarsi a rivedere i film populisti di Robert Guédiguian: da Marius e Jeannette, uscito nel 1997, a Le nevi del Kilimangiaro, ancora ieri sul grande schermo. Lì c'è tutta la parabola, sentimentale, politica, ideologica, sociale, della classe operaia francese e non solo: piccoli commercianti e piccoli imprenditori, disoccupati e giovani in cerca di lavoro, pensionati e donne… E' un regista che nessuno dei due candidati-principe in corsa per il ballottaggio, François Hollande e Nicolas Sarkozy, ha citato allorché si è avventurato in un’impervia e un po' ridicola classifica cinefila e il dato è significativo. Che nemmeno Marine Le Pen lo abbia ricordato, è invece secondario. A forza di continuare a ripetere che destra vuol dire incultura, si finisce con il crederci.
Guédiguian, che ambienta sempre le sue storie in un quartiere di Marsiglia, l’Estaque, nel giro di quindici anni ha raccontato la metamorfosi dei poveri ma belli divenuti brutti, sporchi e cattivi. È cominciato tutto con la crisi industriale ed economica, poi con il crescere dell'immigrazione, l'entrata nell'euro e la perdita del potere d'acquisto, i tagli sociali e l'insicurezza, il rancore, l'invidia e il desiderio di spaccare tutto. Al posto di una comunità populista e anticapitalista, lavoratrice, solidale e di buon cuore, si è insediata una realtà proletarizzata in lotta per la sopravvivenza, incattivita e senza speranze. È la guerra fra poveri in cui non si fanno più prigionieri e l'amico, compagno di lotta, di idee e di lavoro di ieri, è lo stesso che oggi ti massacra di botte per portarti via i pochi risparmi di un salario senza gloria.
Di questa straordinaria mutazione, la sinistra di Hollande non s’era mai accorta e l'idea che adesso voglia difendere chi ne è rimasto vittima, come lo stesso candidato-presidente ha dichiarato a Libération, suona per la verità un po' grottesca. «Rabbia sociale», dice per spiegare le ragioni per cui quell'elettorato tradizionale è andato dalla parte opposta; «sarà la sinistra a difenderli contro i privilegi, contro la mondializzazione finanziaria, contro un'Europa inadempiente». Pare di sognare se si pensa che, nemmeno un anno fa, il candidato socialista in pectore contro Sarkozy era quel Dominique Strauss-Khan che della mondializzazione finanziaria, dei privilegi e dell'Europa inadempiente era l'epitome.
Ha ragione chi dice che, in fondo, Marine Le Pen si situa appena qualche punto in percentuale in più rispetto al successo paterno al primo turno delle elezioni di dieci anni fa. Solo che fra allora e oggi c'è stato un altro presidente e un altro governo di destra, una vittoria, quella di Sarkozy, che sembrava aver ridimensionato nel classico ambito del 10 per cento, quell'elettorato di protesta tipico della cosiddetta destra radicale. Dieci anni dopo, è la destra ufficiale sarkozyana a rimpicciolire pericolosamente e a ridursi a parentesi, equivoco, tragica burla. Il gendarme di Saint-Tropez dei film, anche qui, di Louis de Funès che dichiara guerra alla Libia e vuole una Europa franco-tedesca.
Se si sommano i voti della estrema sinistra di Melenchon e della destra lepenista si arriva a circa un trenta per cento dell’elettorato, a cui va aggiunto un altro venti per cento di astenuti. Metà Francia, insomma, è consapevole di quello che la sua classe dirigente non ha ancora chiaro: una politica che anteponga gli interessi francesi ai mercati europei. È anche per questo che la rimonta di Sarkozy appare problematica, perché nel suo quinquennio presidenziale ha fatto credere ai suoi connazionali di guidare un Paese mentre invece era teleguidato. Il ricordo dei suoi siparietti con la Merkel è sinistro per il cittadino medio angosciato dalla crisi economica e spaventato dalla recessione. Non è un caso che il libro a cui Hollande ha affidato il suo messaggio e la sua storia si intitoli Changer de destin, cambiare destino, e abbondi in citazioni del generale de Gaulle.
Una su tutte: «Il mio solo avversario, l'avversario della Francia, non ha mai smesso di essere il denaro». I ricchi non vanno di moda in Francia, come del resto in Europa, e Sarkozy paga anche questo, l'essere stato un presidente ubriacato dalla ricchezza altrui. Nonostante (o forse proprio perché) fosse astemio…- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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