Il "Porta a porta" egiziano accende la corsa elettorale

Per la prima volta dalla fine della dittatura il Paese scopre i talk show. Tra i più seguiti c’è "L’Egitto vota il presidente". "Finalmente i politici non fanno solo monologhi"

Il "Porta a porta" egiziano  accende la corsa elettorale

A cinque giorni dalle presidenziali, gli egiziani si appassionano al porta a porta, non soltanto quello della campagna elettorale, dei volantini consegnati da entusiasti attivisti in ogni quartiere, quello dei comizi elettorali ovunque in Egitto. Gli egiziani sono da sempre abituati a vivere di notte, appoggiati ai tavoli dei caffè popolari, seduti sui loro balconi, indaffarati in polverosi uffici anche a orari improbabili, incollati agli schermi televisivi a guardare l'ultima partita di calcio. Ora il pallone, passione nazionale, ha lasciato il posto a una nuova frenesia politica post-rivoluzionaria, che ha trasformato anche il cittadino meno interessato in un analista politico, avido di notturni programmi elettorali.

Per la prima volta nella millenaria storia dell’Egitto, la popolazione assapora in queste ore una vera campagna elettorale, che dalla strada finisce sugli schermi tv. È certo una campagna imperfetta, problematica, segnata da brogli e violenze e da minacce di posticipare il voto. La rivoluzione di febbraio sembra lontana, la transizione democratica incredibilmente difficile. Ma l’inedita lotta tra i rivali candidati alla presidenza sfoggia impensabili dibattiti televisivi tra i candidati, una scelta variegata di tribune ed eventi elettorali, paginate di programmi, manifesti e una serie di talk show serali che si concludono soltanto a tarda notte. Se «Porta a Porta» si trasferisse in Egitto nell’era delle elezioni, si chiamerebbe «Masr Tantakhib Al Raìs» - «L’Egitto vota il presidente» - il programma televisivo in onda ogni sera alle nove sul canale privato Cbc dall’inizio della campagna elettorale. Il canale è nato dopo la rivoluzione, finanziato da un uomo d’affari legato all’ex regime. Per due puntate consecutive ogni candidato - in tutto sono 13 - si presenta ai telespettatori e risponde alle domande di giornalisti ed esperti.

Si tratta di una prima assoluta in un Paese in cui l’antica sacralità del faraone si è tradotta nei secoli nella granitica inviolabilità dei segreti de raìs - politici, familiari, economici e di salute. Nel moderno studio di «Masr Tantakhib Al Rais», il candidato siede con due giornalisti - non sempre gli stessi - attorno a un tavolo rotondo. Poco più in là, come professori in cattedra a un esame di università, tre esperti - analisti politici, professori di diritto, politilogi, economisti. Dopo una scheda di presentazione del candidato e tre minuti diligentemente cronometrati di introduzione da parte del protagonista, i due giornalisti torchiano l’aspirante presidente con una serie di domande, tra gli applausi del pubblico in sala. Poi, è il turno degli esperti, più pignoli, in cerca del dettaglio.

«Non abbiamo mai visto qualcosa di simile, per noi è una novità ascoltare i politici rispondere a tutte queste domande, parlare di questioni finora tabù, come i loro soldi, le loro ville, la loro salute, gli affari delle mogli», spiega Amira, una giovane egiziana che ha sostenuto la rivoluzione di febbraio e che ora, dice, se avesse tempo non smetterebbe di guardare i talk show politici.
La settimana scorsa, il primo dibattito elettorale della storia del Paese ha fermato l’Egitto per ore. Davanti alle telecamere, il moderatore ha chiesto ai due rivali di parlare del proprio stato di salute. La domanda non è ovvia in Egitto. Ibrahim Eissa, direttore del giornale Al Dustour, fu condannato a due anni di prigione dai giudici per un articolo del 2007 sulla salute del raìs Hosni Mubarak, le cui condizioni mediche sono sempre rimaste segrete. In tv, il candidato Abul Futouh ha addirittura mostrato ai telespettatori la sua cartella clinica.

Al tavolo di «Masr Tantakhib Al Raìs» si parla di tutto, dai programmi politici alle famiglie dei candidati (le schede iniziali mostrano anche le fotografie di moglie e figli). La novità piace agli egiziani. I talk show esistono da tempo nel Paese, soprattutto sulle tv private, cui in passato era spesso negata la licenza di trasmettere telegionarli. Per parlare di politica, le emittenti hanno introdotto negli anni la formula del dibattito. I programmi più seguiti sono tra gli altri «Baladna bel Masry», «Il nostro Paese in egiziano», su On Tv, e la trasmissione di Mona Al Shazly, su Dream Tv. La rivoluzione e gli appuntamenti elettorali hanno trasformato la scena dei mass media, più liberi di prima, anche se non totalmente, spiega Rasha Abdulla, docente di Comunicazione di Massa all’American University del Cairo.

«I talk show sono diventati il passatempo nazionale e il luogo principale dove gli egiziani traggono informazioni sui candidati. Non tutti leggono i programmi elettorali dei candidati, ma molti guardano la tv. Per questo le performance televisive degli sfidanti possono realmente avere un impatto sul voto».

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