Il premier di Mubarak baluardo anti-fanatici

Per Shafiq ha votato la "maggioranza silenziosa" che non ha mai manifestato in piazza Tahrir

Il premier di Mubarak baluardo anti-fanatici

La Maggioranza Silenziosa ora ha un volto ed un nome. Ahmed Mohamed Shafiq il falool, l’uomo del vecchio regime, il 71enne generale definito «relitto del passato», conquista il 23 per cento dei voti e sfida il candidato dei Fratelli Musulmani Mohamed Mursy nel ballottaggio per la presidenza del 16 giugno. L’ex generale dell’Aviazione, ultimo premier dell’era Mubarak, diventa insomma la dimostrazione vivente di come l’Egitto non sia mai cambiato.
Svanita l’euforia della rivoluzione, il Paese torna a far i conti con la propria storia. La storia di un Paese lacerato e costretto, da sempre, a confrontarsi da una parte con l’onda fondamentalista e dall’altra con le paure di chi guarda all’esercito per difendersi dal caos e dal fanatismo integralista.
La fortuna elettorale di Shafiq è tutta qui. Mentre gli altri promettono ricette fumose o irrealizzabili, il vecchio generale offre ordine e legalità. Due ingredienti semplici, ma introvabili dopo la caduta di Mubarak. In 15 mesi di rivoluzione l’Egitto s’è trasformato in una terra senza legge con intere regioni, come il Sinai, completamente fuori controllo. In città va anche peggio. Al Cairo le donne sono vittime di violenze commesse in pieno giorno e gli automobilisti rischiano di dover consegnare macchina, cellulare e portafogli a manipoli di teppisti armati. Per i nove milioni di cristiani copti, per gli esponenti del vecchio regime, per gli egiziani preoccupati dal progressivo degrado dell’economia e dalla scomparsa dei turisti, il generale Shafiq rappresenta una scelta obbligata. L’unica in grado d’impedire a Fratelli Musulmani e salafiti di egemonizzare la vita politica e sociale.
A questa variegata e spaventata «maggioranza silenziosa» Shafiq offre molte più garanzie di Amr Moussa, l’ex segretario della Lega Araba considerato - fino a qualche settimana fa - l’unico deterrente al fondamentalismo. Amr Moussa, a differenza di Shafiq, non poteva contare sull’appoggio dell’esercito. L’ex pilota, eroe della guerra del 1973 grazie all’abbattimento di due aerei israeliani, si consacra invece come il candidato simbolo del Consiglio Supremo delle Forze Armate. Grazie a lui i generali al potere non sono più un’autorità priva di legittimità. Grazie a lui ridiventano i naturali tutori di quanti votano per bloccare l’avanzata dei Fratelli Musulmani. Questo dualismo cancella per sempre le aspirazioni di chi sognava democrazia, liberalismo e nuove regole economiche. «In cinque minuti l’esercito può dimostrare com’è in grado di ripulire una zona», ripete Shafiq per far capire di essere l’unico in grado di mettere fine al disordine che paralizza il Paese.
Da questo punto di vista il ballottaggio del 16 e 17 giugno rappresenta, però, la fine di ogni alternativa. Chi andrà alle urne potrà scegliere soltanto tra il ritorno al passato o l’instaurazione di un regime ispirato dalla legge islamica e dalla contrapposizione con Israele. In questo dualismo esasperato si cela il rischio di una contrapposizione violenta e decisiva. Se il generale Shafiq diventa la diga di tutto l’Egitto laico e filoccidentale, il Consiglio Supremo delle Forze Armate avrà dei buoni argomenti per non cedere i poteri e per conservare il tradizionale controllo sull’esecutivo e sull’apparato produttivo del Paese.


In questo scenario i Fratelli Musulmani - forti del controllo del Parlamento e di un candidato presidente con il maggior numero di consensi - potrebbero cedere alla tentazione di andare alla prova di forza con le forze armate. E i generali a quella di schierare i carri armati nel nome dei voti conquistati dal vecchio collega Shafiq.

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