Nella Striscia di Gaza la guerra fra Israele ed Iran è già cominciata. I missili più temibili che i palestinesi hanno lanciato su Tel Aviv e per la prima volta contro Gerusalemme sono iraniani. Ieri il presidente del parlamento di Teheran, Ali Larijani, ha ammesso l'appoggio militare a Gaza e ha invitato i Paesi arabi a fare altrettanto. Hamas ha addirittura ringraziato e la risposta è subito arrivata: «Con gli Usa - ha detto ieri sera Netanyahu - lavoreremo per bloccare le armi iraniane per Gaza».
Il primo atto del nuovo braccio di ferro con l'Iran scatta in gran segreto il 23 ottobre, quasi un mese prima dell'escalation nella striscia palestinese. Alle 11 di notte lo stabilimento di armamenti di Yarmouk, nella capitale sudanese, viene attaccato presumibilmente dall'aviazione israeliana. Non è la prima volta che accade, ma questa volta l'obiettivo a Khartoum è cruciale. Secondo Statfor, il think tank vicino alla Cia, a Yarmouk gli iraniani stavano ammassando armi antiaeree e controcarro, ma soprattutto assemblavano i temuti Fajr 5, i missili che da Gaza possono raggiungere le principali città israeliane.
Secondo Mario Arpino, ex capo di Stato maggiore della Difesa, i Fajr, che significa «Alba», arrivano via nave dal Sudan e attraversano la penisola del Sinai fino alla Striscia.
Uno degli obiettivi principali del Pilastro di difesa, che ha scatenato l'inferno a Gaza, è cancellare i missili iraniani in mano ai palestinesi. I Fajr 3 e 5 hanno un raggio massimo d'azione di 75 chilometri e sono stati sviluppati a Teheran negli anni Novanta. Con un apposito radar possono colpire anche le navi della Marina israeliana. I palestinesi della Jihad islamica hanno lanciato per la prima volta i missili iraniani contro Tel Aviv e Gerusalemme negli ultimi giorni. «Quest'arma fantastica in battaglia dimostra ad Israele che possiamo bombardare le loro città, come fanno con le nostre» ha dichiarato Ziyad Nakhleh, leader a Gaza della Jihad islamica palestinese.
Il comandante dei Pasdaran, generale Mohammad Ali Jafari, ha confermato ieri che «non possiamo inviare armi a Gaza a causa dell'assedio, ma abbiamo fornito la nostra esperienza nella fabbricazione dei missili Fajr-5 e oggi questo missile viene costruito» dagli stessi palestinesi «in gran numero».
Poche ore prima il presidente del Parlamento iraniano, Ali Larijani, ammetteva «l'aiuto materiale e militare». Per poi inviare un messaggio chiaro ai Paesi arabi: «Se volete appoggiare la nazione palestinese fornite assistenza militare». Un gruppo di deputati iraniani ha inscenato una manifestazione a Teheran dichiarando di essere «pronti a combattere accanto ai palestinesi».
In mattinata il ministro degli Esteri francese, Laurent Fabius, aveva puntato il dito contro Teheran nell'escalation a Gaza: «Ci sono armi a medio raggio, fino a 75 chilometri e sono iraniane». Domenica il ministro degli Esteri britannico, William Hague, aveva definito l'Iran «il primo implicato nel fornire armi» ai gruppi radicali a Gaza.
Il problema è che i nemici giurati dello Stato ebraico stanno aumentando le loro potenzialità offensive, a cominciare dagli Hezbollah. Il 6 ottobre gli sciiti in armi libanesi sono addirittura riusciti a lanciare un drone nello spazio aereo israeliano, che ha volato raccogliendo informazioni per una settantina di chilometri prima di venir abbattuto.
L'annunciata tregua fra Hamas e Israele solo rimanda lo scontro finale, che prima e dopo chiamerà direttamente in causa Teheran.
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