Mancano soltanto due giorni al referendum con il quale la penisola di Crimea potrebbe decidere di staccarsi dall'Ucraina e legarsi a Mosca.
Un lasso di tempo molto stretto, che il ministro degli Esteri russo, Serghei Lavrov, e il segretario di Stato statunitense, John Kerry, hanno utilizzato per incontrarsi di nuovo a Londra, in colloqui che Mosca ha definito "utili", ma che non sono serviti ad arrivare a "una visione comune".
Lavrov l'ha ribadito: il Cremlino terrà conto dell'esito del referendum e proteggerà i connazionali - e dunque anche la popolazione russofona -. Vladimir Putin ha sottolineato che la scelta della Crimea è in linea con i "principi del diritto internazionale e della Carta dell'Onu".
Kerry ha invece detto che gli Stati Uniti non riconosceranno l'esito della consultazione e aggiunto che ci saranno "conseguenze" se Mosca non cambierà il suo atteggiamento. Il riconoscimento dell'esito referendario sarebbe "uno schiaffo in faccia a qualsiasi tentativo di tendere la mano alla Russia".
Ieri scontri nella città orientale di Donetsk hanno causato alcuni morti. Caccia ed elicotteri hanno iniziato una serie di voli di addestramento, ma il ministro degli Esteri russo ha dichiarato di non volere invadere il sud-est ucraino.
Da Washington era già arrivato il no alla richiesta ucraina di fornire aiuti militari.
L'amministrazione americana ha acconsentito a fornire razioni di militari alle truppe di Kiev, ma non manderà armi nella capitale ucraina, per non acuire lo scontro in atto.Un gruppo di hacker ha preso di mira il Cremlino stamattina, in un attacco che il portavoce di Putin, Dmitri Peskov, ha definito "molto massiccio".
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