Chi sperava che gli accordi di Ginevra avrebbero risolto la crisi ucraina, o perlomeno facilitato una tregua, ha già dovuto ricredersi. Non solo il Cremlino sembra ignorare gli impegni assunti giovedì di facilitare il disarmo delle milizie filorusse che hanno preso il controllo di numerosi centri dell'Ucraina Orientale e di favorire lo sgombero delle decine di edifici pubblici occupati, ma continua a soffiare sul fuoco, accusando Kiev di avere provocato gli incidenti di Sloviansk in cui hanno trovato la morte, finora, almeno cinque persone. Inoltre, nonostante gli sdegnati dinieghi di Putin di qualsiasi interferenza, inconfutabili prove fotografiche in possesso anche degli ispettori dell'Osce hanno confermato che i misteriosi «uomini verdi», disciplinati, bene addestrati e armati di tutto punto, che hanno guidato la rivolta dei cittadini russofoni erano gli stessi che hanno compiuto la medesima operazione in Crimea. Non contento di mantenere sotto pressione l'Ucraina, ieri Putin ha lanciato un nuovo guanto di sfida alla comunità internazionale: ha offerto a tutti i suoi connazionali residenti nelle Repubbliche ex-sovietiche la cittadinanza russa con una procedura abbreviata.
Così, milioni di individui, dall'Estonia alla Moldavia alla Georgia al Kazakhstan, potrebbero tra breve ottenere un passaporto che in base alla teoria di Zar Vladimir darebbe loro diritto alla «protezione» delle truppe russe se i loro diritti venissero in qualche modo violati. Questo non significa necessariamente che Putin si prepari a interferire negli affari di tutti questi Paesi, specie delle tre Repubbliche baltiche che ormai sono sotto la protezione dell'articolo 5 della Nato, ma che si lascia tutte le opzioni aperte per realizzare il suo sogno: ricostruire, sia pure in una nuova veste, la vecchia Unione Sovietica.
Di fronte a questa incalzante offensiva, militare e diplomatica, la domanda che assilla le cancellerie occidentali è fin dove lo Zar è disposto a spingersi nonostante la minaccia di nuove sanzioni economiche che potrebbero nuocere alla sua già traballante economia. Le risposte variano da un governo all'altro, perché l'uomo si è rivelato nello stesso tempo temerario ed imprevedibile. Nei Paesi dell'ex Patto di Varsavia che hanno aderito a Nato e Ue, la paura che Putin (il quale, secondo un famoso commento della Cancelliera Merkel «vive in un altro mondo») proceda nelle sue provocazioni è vivissima: infatti essi chiedono con insistenza, e in parte hanno già ottenuto, una maggiore tutela militare da parte dell'alleanza. In Germania e anche in Italia, prevale invece la convinzione che tutto possa essere ancora risolto sul piano diplomatico, senza mettere a repentaglio rapporti economici preziosi per entrambi. Gli Stati Uniti, secondo indiscrezioni del New York Times, starebbero invece elaborando una strategia di contenimento non molto diversa da quella usata nel corso della guerra fredda, che porti a un progressivo isolamento politico della Russia e perfino a un suo distacco dalla Cina.
Con disappunto dei falchi, che vorrebbero un atteggiamento americano più risoluto, Obama non sembra per ora intenzionato a premere più di tanto sul pedale delle sanzioni, anche per non scavalcare gli europei che, su questo terreno hanno molto più da perdere dell'America e per non compromettere del tutto la collaborazione con il Cremlino concordata in tempi migliori nella esplorazione dello spazio, nello smantellamento dell'arsenale chimico siriano e nel rifornimento delle truppe alleate in Afghanistan attraverso il territorio russo.
Ma, nello stesso tempo, ha mandato un segnale inequivocabile al Cremlino, designando come suo nuovo rappresentante a Mosca Jeffrey Tefft, già ambasciatore in Ucraina, Georgia e Lituania e noto per avere assunto in passato posizioni molto ferme. Su una cosa, comunque concordano tutti: ci muoviamo su un terreno minato, e bisogna stare molto attenti a non fare passi falsi.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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