nostro inviato a Cesena
Lezione di calcio numero uno per il Milan campione di calcio-mercato: le figurine non bastano. E nemmeno i campioni doc, come Ibra e Robinho non ancora pronti per soffiare sulle vele del Milan e sospingerlo al largo di un campionato che prende subito una brutta piega. Il Milan infatti cade e fa un gran rumore, a Cesena, al cospetto di una provinciale tosta e generosa che può mettere in vetrina corsa e dedizione. Non fu un fuoco di paglia quello di Roma.
Per mezz'ora il Milan fa quasi accademia, sicuro di poter mettere spalle al muro i romagnoli. Chiude e schiaccia il Cesena nella sua metà campo: più che una resa di Ficcadenti e dei suoi è un'astuta mossa della squadra che sa benissimo di non poter competere sul piano del gioco, si ritira nella sua metà campo per poi prepararsi a colpire il gigante rossonero in contropiede. E così accade, puntualmente, dopo la prima mezz'ora consumata tra tormenti (paratona di Antonioli su stoccata di Ronaldinho, l'unica della serata) e qualche sbandamento (il gol di Pato a metà frazione è valido a tutti gli effetti). Il Milan non sembra preoccuparsi delle difficoltà nel farsi largo tra le maglie bianche e si affanna a lanciarsi in avanti invece di misurare bene le posizioni e aspettare con pazienza l'occasione migliore. Prima una girata di testa di Bogdani, quindi nel finale di tempo una corsa di Giaccherini conclusa da un sinistro perfido e chirurgico mettono ko la difesa rossonera apparsa nell'occasione in grande difficoltà (Thiago e Sokratis i responsabili della falla).
A quel punto, l'unica risorsa a disposizione di Allegri, il quadrato magico, è un tentativo maldestro anche se obbligato che non comporta alcun risultato pratico. Perché il Cesena è pronto a rinchiudersi e perché nel frattempo le migliori risorse a disposizione (secondo gol di Pato annullato e rigore di Ibrahimovic stampato sul palo) sono episodi che non lasciano traccia. Inzaghi combina poco (almeno si procura il penalty), Robinho ancora meno.
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