Fare fortuna non per soldi ma per denaro

Non godrà di ottima salute, ma certo non ha vita breve. Se quindi ci chiediamo se Il capitalismo ha i secoli contati (come si intitola l’ultimo libro di Giorgio Ruffolo, Einaudi, pagg. 200, euro 14), la risposta non può che essere negativa. Anche perché, come spiega l’ex ministro socialista, le sue origini possono essere rintracciate molto tempo prima della nostra epoca, fino a risalire ai fasti della Roma antica. In quelle società erano infatti già presenti sia l’attrazione per il denaro, sia la produzione di valore, fattori entrambi necessari a qualsiasi sistema che vuole richiamarsi anche lontanamente al capitalismo e ai suoi riti.
Ma allora che cos’è il capitale? A domandarselo è lo studioso Francesco Boldizzoni in un saggio pubblicato da Marsilio (L’idea del capitale in Occidente, pagg. 255, euro 22). Duplice la risposta: un mezzo (e in questo caso «assolve a un valore sociale») ma anche un fine (e qui si svuota di qualsiasi «istanza di giustizia»). Di sicuro, un fattore decisivo negli ultimi cinque secoli. Boldizzoni passa così in rassegna il ruolo di denaro e capitale dalla Spagna degli Asburgo fino al Terzo Reich di Hitler, dimostrandone l’importanza concreta per ogni società e forma di Stato.
Ma l’industria può diventare anche un affare di famiglia. In Europa, gli esempi abbondano. James Harold racconta ora quelli virtuosi in Capitalismo familiare (Brioschi, pagg. 490, euro 30, trad. M.

D’Alessandro), appellandosi a tre colossi dell’imprenditoria continentale: l’italiana Falck, la tedesca Haniel, la francese Wendel. Come a dire che, a volte, denaro e parentele possono andare a braccetto, e per di più col profitto di tutti.

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