Farsa grillina in Emilia Romagna. E Travaglio scarica Beppe: passa la mano

Bologna L'ultima chiamata alla «democrazia on line» in salsa grillina ha incoronato la sua regina: con la bellezza di 266 voti, Giulia Gibertoni da Modena è la candidata alla presidenza della Regione Emilia Romagna per il M5S. I numeri dicono che qualcosa non va, in una regione di 4,4 milioni di abitanti, giovedì, a cliccare una preferenza sono state poco più di 2mila persone; percentuali da condominio. Per non parlare di tutte le polemiche che ieri probabilmente hanno portato Grillo a dare l'annuncio sul suo blog con un sospiro di sollievo. La terra emiliana, prima delizia, continua a confermarsi, più che altro croce per i Cinque stelle ma i problemi del movimento, è chiaro, vanno ben oltre.

Basti pensare alla stoccata lanciata senza filtri dall'editoriale pubblicato ieri sul Fatto Quotidiano e firmato da Marco Travaglio. «Manca una figura credibile e autorevole che ogni sera enunci ai tg e ai giornali (i talk show visti finora sono i salotti del Nazareno) la posizione della prima e spesso unica forza d'opposizione». Insomma, dopo l'ultimo divieto del guru ai suoi ad andare in tv, Travaglio insiste che se non vuole farlo lui, (Grillo) che almeno mandi avanti i volti che «bucano»: Di Maio, Di Battista o «un portavoce eletto dagli eletti».

C'è un problema nel movimento, forse lo stesso di sempre: «Chi è oggi, cosa dice, cosa fa il M5S nel momento in cui le larghe intese Renzusconi annaspano e dimostrano di non essere le dispensatrici di miracoli che molti elettori avevano creduto che fossero?». E ancora: «Si decide ad assumere un nome, un volto, un programma, o vuol continuare a fare delle prove d'orchestra alla Fellini?». Di nuovo, il caso «regionalie» in Emilia Romagna puntualmente ha evidenziato tutti questi limiti nella loro schiettezza. In primis, la Gibertoni che sembra premiata con una seconda chance dal Capo-Grillo per non aver fatto pubbliche polemiche dopo un crudele ri-conteggio dei risultati delle europee che l'aveva rimandata a casa. Per due voti il seggio è andato a Marco Zullo.

E cosa dire delle polemiche scatenate dai sostenitori della candidatura del consigliere regionale Andrea Defranceschi, indagato nell'inchiesta sulle «spese pazze» dell'Assemblea legislativa e per questo fermato dalla dura legge dello statuto «che non c'è»? Dalle province fino al Parlamento, questo stop, arrivato per voce di Luigi Di Maio, non era andato giù, tanto da portare molti eletti alla minaccia dello «sciopero» della campagna elettorale. A difesa dell'amico Defranceschi, oltre al sindaco di Parma Federico Pizzarotti, era intervenuto anche l'ex grillino, Giovanni Favia che a Di Maio aveva gridato: «Mi aspetto che si dimetta dalla carica di deputato visto che anche lui da qualche settimana può fregiarsi dello status di indagato».

Il solito tutti contro tutti.

In questo clima è arrivato anche l'affondo di Travaglio e magari Grillo ci penserà su durante la marcia che oggi lo porta in Puglia per dire «no» alla costruzione del terminale della Tap (Trans Adriatic Pipeline) nel leccese. Nelle stesse ore, Matteo Renzi sarà a Baku, la capitale dell'Azerbaijan, Stato dal quale parte il gasdotto che arriverà in Salento.

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