Francesco Damato
Mi ha sorpreso che sia stato proprio Antonio Polito, il direttore solitamente misurato del Riformista, che spende le sue migliori energie per far sognare ai lettori una sinistra italiana di governo che non cè, a cercare di trascinare ambiguamente il presidente del Consiglio nella vicenda Fiorani-Fazio. Lo ha fatto lunedì sera nel salotto televisivo di Porta a Porta riproponendo la storia, sbrigativamente ricavata dalle intercettazioni telefoniche della scorsa estate, di una cena durante la quale il finanziere Gnutti lo avrebbe informato della notizia appena appresa da Fiorani dellautorizzazione di Fazio alla scalata allAntonveneta coinvolgendolo nellinteresse, se non addirittura nellentusiasmo, per quella ed altre operazioni ancora. Fra le quali andrebbe annoverata anche la scalata di Ricucci, e dei suoi finanziatori, a quella specie di santuario dellinformazione che è considerato il Corriere della Sera.
Limmagine di Berlusconi e Gnutti a cena, che parlano esultanti di Antonveneta e dintorni, è deviante se destinata ad un vasto pubblico televisivo, prevalentemente informato, diciamo così, allingrosso della complicata vicenda che ha appena portato Fiorani in galera e Fazio alle dimissioni da governatore della Banca dItalia, dopo essere finito nel registro degli indagati nelle Procure di Roma e di Milano.
Un giornalista dellesperienza e della sottigliezza di Polito, che «nelle cose della politica spesso ci vede giusto», come gli ha con molta generosità ed eleganza riconosciuto proprio Berlusconi nel salotto televisivo di Bruno Vespa, non poteva non sapere della incompletezza, e perciò dellarbitrarietà e ambiguità, di quella rappresentazione. Non mi sembra che egli avesse bisogno di farsi spiegare da Berlusconi ciò che ogni giornalista informato della vicenda aveva già appreso da interviste e dichiarazioni del presidente del Consiglio. Il quale pertanto è dovuto tornare a spiegare laltra sera che non si era trattato di una cena, o cenetta, più o meno complice fra lui e Gnutti, servita a sponsorizzare chissà quali alleanze e operazioni. «Cerano - ha ricordato Berlusconi - oltre 150 imprenditori, e non solo Gnutti». Al cui entusiasmo per la notizia appena ricevuta dal suo amico Fiorani dellautorizzazione ottenuta a scalare lAntonveneta «io credo di aver risposto - ha spiegato ancora Berlusconi - come avrei fatto con chiunque, cioè facendo i complimenti».
Quella di puntare su un particolare di un quadro, o di una foto, di estrometterlo dallinsieme, dingrandirlo e di esporlo da solo è una vecchia pratica della quale sono stati infarciti già troppi processi mediatici e giudiziari. Ne sa qualcosa, per esempio, il povero Andreotti, trascinato in giudizio - e che giudizio - non solo per quel fantasioso bacio segreto di Totò Riina, ma anche per quella foto che lo ritraeva accanto ad uno dei fratelli Salvo tra centinaia di persone accorse ad un raduno elettorale.
Gnutti, per carità, non è Salvo. Polito non è Travaglio. Mieli, anche a costo di sentirsi tirare le orecchie dal suo vecchio maestro Scalfari, assicura di non volere tirar fuori dallarmadio la tuta giustizialista della stagione di Tangentopoli.
Fazio, Bancopoli e la voglia di giustizialismo
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