Economia

Ferrari, nuova generazione nell’impero delle bollicine

L’azienda produce un Brut giudicato «il migliore del mondo»

Nessuna altra casa di spumante come il Ferrari ha vinto per tre volte, e le ultime due consecutive, l’Oscar del Vino, il massimo alloro dato dai sommelier. E non è nemmeno mai successo che il Giulio Ferrari Riserva, creato nel lontano 1972 da Mauro Lunelli, l’«enologo coi baffi», sia stato considerato non molto tempo fa dalla autorevole rivista tedesca Weinewelt come il migliore del mondo in una degustazione cieca che ha coinvolto 36 grandi spumanti tra cui anche la leggenda dello champagne, il Dom Perignon. Ed è con le bollicine del Ferrari che al Quirinale si è brindato alla nuova Europa con tutti i leader dei 25 Paesi dell’Unione. Insomma, il Ferrari è tra i top ten del mondo e il primo di metodo classico in Italia.
«Eravamo già nella storia, ora siamo anche nella grande storia», commenta Matteo Lunelli, nipote di Mauro e dalla fine di ottobre, quando la terza generazione dei Lunelli è subentrata alla seconda al vertice dell’azienda, vicepresidente del gruppo trentino.
I cinque fratelli. Sono cinque i Lunelli della seconda generazione, tutti fratelli e con tredici anni di differenza tra il primo e l’ultimo: Franco, 1935, il quale si è dedicato a lungo insieme alla madre Elda Prada dell’Enoteca Lunelli nata nel 1929 a pochi passi dal Duomo di Trento; Giorgio, 1937, ingegnere, l’unico tra i fratelli ad avere effettuato una carriera tutta esterna all’azienda e lontana dal Trentino, cioè a Milano e alla General Electric; Gino, 1939, responsabile della gestione e di fatto anche l’esponente di rappresentanza del gruppo; Carla, l’unica sorella, sposata con Giorgio Cirolini che è il commercialista della famiglia; Mauro, 1948, l’«enologo coi baffi», grande esperto di vini ma anche maestro di sci, appassionato di foto subacquee e pilota di un aliante che naturalmente ha chiamato Brut. Sono loro, più esattamente sono i quattro fratelli maschi in quanto Carla non ha mai avuto incarichi aziendali, ad avere fatto un passo indietro abbandonando gli incarichi operativi o meglio, sostiene Franco, il ragioniere, famoso per le sue battute fulminanti e il primo dei Lunelli ad avere varcato la soglia dei settant’anni: «Abbiamo solo rallentato un po’». Il che significa avere attribuito ai giovani della terza generazione, tra di loro cugini, la responsabilità delle grandi firme. In pratica, spiega Mauro, «abbiamo ripetuto esattamente ciò che aveva fatto nostro padre che a soli 63 anni, nel 1969, si era ritirato lasciando ai figli ogni responsabilità».
La storia di due famiglie. Già, perché l’azienda, che si chiama Ferrari e ha più di un secolo di vita essendo nata nel 1902, è in realtà la storia di due famiglie: quella Ferrari, impersonata per cinquant’anni da Giulio Ferrari, un trentino di famiglia ricca e nobile che studia viticoltura a Montpellier e in seguito si perfeziona in quella che è la terra dello champagne, ritorna a casa con il sogno di creare un’azienda di bollicine, ci riesce producendo appena 8.800 bottiglie ma avendo per tutta la vita il culto e l’ossessione per la qualità e quella Lunelli, impersonata all’inizio da Bruno, un commerciante di vini del 1906 che, dopo avere fatto il garzone nella drogheria dei genitori di Cesare Battisti, l’irridentista impiccato dagli austriaci, apre una piccola cantina a due passi dal Duomo di Trento e a 150 metri dalla casa di Giulio Ferrari. Due storie che alla fine si intrecciano in quanto Giulio Ferrari, che ha superato la settantina e non ha eredi, vende nel 1952 l’azienda proprio a Bruno Lunelli il quale deve farsi prestare i soldi dalle banche e poi firmare una montagna di cambiali. Con l’aggiunta di una clausola: Giorgio Ferrari continua ad occuparsi della cantina vita natural durante. E lo fa sino al 1965 quando muore a 86 anni. Bruno Lunelli, il quale nel frattempo ha raddoppiato la produzione di spumante, costruisce uno stabilimento fuori Trento, in località Ravina, che sarà inaugurato nel 1971. Poi ne aggiungerà un altro avveniristico in vetrocemento una ventina d’anni più tardi. Ma già nel 1969 Bruno fa questo discorsino ai suoi figli: «Giovanotti, quel che ho fatto, ho fatto. Perciò passo la mano e cedo la Ferrari a voialtri». Morirà nel 1973, a 66 anni. E l’azienda si svilupperà grazie ai Lunelli della seconda generazione. «Gente - dirà un loro amico, Enzo Biagi - seria, gente solida e leale; in ogni bottiglia che esce dalle loro cantine c’è quella che la moda chiama la loro immagine: io direi la loro onestà».
La terza generazione. Ora è la volta della terza generazione. Sono sei i rappresentanti, tra il primo e l’ultimo c’è una differenza di tredici anni e solo tre sono in azienda: Marcello, 1967, figlio di Franco e laurea in agraria, segue da una decina d’anni le orme dello zio Mauro, quindi fa l’enologo diventando anche lui maestro nell’arte di creare nobili bollicine. Matteo, 1974, figlio di Giorgio, viene dalla finanza e dopo la laurea alla Bocconi ha lavorato cinque anni all’estero alla Goldman Sachs, prima a Zurigo, poi a Londra, quindi a New York e infine di nuovo a Londra. Nel 2002 lo zio Gino, l’unico tra i fratelli a non avere figli, gli chiede se vuole occuparsi della finanza e dell’amministrazione del gruppo, lui accetta e dopo averlo affiancato per tre anni guida ora l’azienda, con il ruolo di vicepresidente, insieme all’amministratore delegato Guido Pianaroli. Infine Camilla, 1975, figlia di Mauro, responsabile della comunicazione e dei rapporti esterni ma anche la prima donna approdata ai vertici dell’azienda. Gli altri tre sono Chiara, sorella di Matteo, 1972, fa l’avvocato d’affari a Milano; Alessandro, 1976, figlio di Mauro, è ingegnere e lavora all’Unilever di Milano; infine Alessandra Cirolini, figlia di Carla, la quale fa pratica nello studio del padre.
Nel segno della continuità. È un passaggio generazionale morbido. Dice Matteo Lunelli, sposato con Valentina Coralini, figlia del direttore della Fondazione Sacra Famiglia di Cesano Boscone: «Avviene nel segno della continuità e nel pieno rispetto della cultura aziendale costruita da più di un secolo sulla qualità, realizzata grazie a un attento controllo della filiera, dalla vigna alla tavola, e nella fedeltà al metodo classico come unica tecnica di produzione». E avviene anche grazie ai consigli di Franco, Gino e Mauro che restano comunque in azienda con la loro esperienza. Già, perché la Vinifin, la holding di famiglia, è ormai al vertice di un gruppo industriale piuttosto importante con 180 dipendenti e un fatturato consolidato di oltre 60 milioni di euro di cui 50 rappresentati dallo spumante Ferrari. «È il nostro core business con una produzione di 4,5 milioni di bottiglie», dice Matteo. Più della metà sono vendute nei ristoranti, bar, enoteche, il resto nella grande distribuzione. L’export incide per il 10%, in particolare Germania e Giappone. E in forte crescita c’è ora la Russia.
«Per una grande cena, grandi bollicine Ferrari», dice uno slogan. In effetti la strategia di crescita dell’azienda punta molto sullo spumante. Spiega Matteo Lunelli: «Oggi si consumano in Italia 25 milioni di bottiglie tra champagne e metodo classico. In Francia invece se ne consumano 170 milioni solo di champagne. C’è quindi da sviluppare qui da noi la cultura delle bollicine durante tutto il pasto e non solo alla fine». E poi c’è l’estero dove, aggiunge, «vogliamo crescere significativamente imponendo il nostro marchio a piccoli passi».
Non solo Ferrari. Ma non c’è solo lo spumante Ferrari nelle strategie della famiglia Lunelli. Dal 1988 è di sua proprietà l’acqua minerale Surgiva. Proprio l’acqua minerale: sgorga nel cuore del parco naturale Adamello-Brenta, nei dintorni di Madonna di Campiglio, è distribuita nel canale della ristorazione e dei bar ed esclusivamente in bottiglie di vetro. Anzi, l’attività della Surgiva è la seconda per importanza della famiglia Lunelli con un giro d’affari di otto milioni di euro. Rientrano poi nel gruppo una distilleria, la Segnana, con una storia secolare alle spalle e alcune tenute e aziende agricole ricche di vigneti, da cui escono, oltre allo spumante Ferrari, vini chardonnay e sauvignon. In totale poco più di 100mila bottiglie di vino.

Ed è nel settore dei vini che partiranno nel 2006 due nuove iniziative, entrambe fuori dal Trentino: il lancio di un vino rosso dai vigneti della Tenuta Podernovo, nelle colline pisane, e un sagrantino, un rosso robusto dai vigneti della tenuta Castelbuono a Monte Falco, in Umbria.
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