RomaLa decisione di estendere la cassa integrazione (Cig) a 30mila dipendenti fermando la produzione in Italia per due settimane, presa lunedì scorso dal gruppo Fiat, «non è opportuna e in questo momento rende più difficile la vertenza su Termini Imerese».
Il ministro dello Sviluppo economico, Claudio Scajola, non ha nascosto il proprio disappunto per la presa di posizione dellazienda torinese, giunta in maniera inaspettata. Pur avendo contatti continui con Fiat «non sapevamo che avesse deciso», ha aggiunto pur auspicando, in vista del tavolo di domani sullimpianto siciliano, «che si possano riannodare le fila».
Il ministro non ha nascosto che la Cig rappresenti «leffetto boomerang degli incentivi». Il calo delle immatricolazioni a gennaio «è inevitabile» tanto più «dopo una serie di agevolazioni che ha in qualche modo drogato il mercato». In tale contesto, ha osservato, «la Cig serve proprio ad adeguare la produzione alla domanda, per mantenere i posti di lavoro e far tornare i conti».
Anche per questo motivo Scajola sta pensando ad alcuni cambiamenti. Le incentivazioni dureranno «per un periodo limitato, con cifre meno consistenti» e saranno mirate «sempre sul piano della sicurezza e della diminuzione delle emissioni, che renderemo ancora più stringenti» con un possibile allargamento «ad altri settori dellautomotive, rimasti esclusi precedentemente e che continuano a soffrire la crisi».
Concorde anche laltro ministro interessato dalla vicenda Fiat, il titolare del Welfare Maurizio Sacconi. «Ha ragione Scajola: ora si tratta di riannodare le fila del dialogo», ha dichiarato mostrandosi tuttavia fiducioso sulla possibilità di «ragionare insieme del modo di dare un futuro a tutte le unità produttive».
Il responsabile del Lavoro si è mostrato tuttavia conciliante sebbene ancora indispettito dallaver appreso della Cig dalla stampa e non direttamente. «Si tratta di una decisione unilaterale che mette in discussione il dialogo sociale», ha rimarcato ricordando come siano stati messi «a disposizione gli ammortizzatori sociali con limpegno a condividere il percorso ed evitare decisioni unilaterali» ma non disperando di poter «riannodare il dialogo sociale che non voglio ritenere spezzato».
Il nocciolo della questione è proprio il «compito di ricucire» che il governo si è intestato. Non parte certamente dai migliori presupposti la mediazione tra unimpresa che sembra aver già individuato un percorso chiaro e un sindacato che parla di difesa dei posti di lavoro appoggiando le proteste dei dipendenti di Termini e di Pomigliano. Basti pensare che anche il segretario generale della Cisl, Raffaele Bonanni, ha utilizzato espressioni per lui inconsuete. Quello di Fiat «è un modo singolare di procedere - ha commentato - e qualcuno lo chiamerebbe un ricatto».
Tanto il leader della Uil, Luigi Angeletti, quanto il segretario confederale Cgil, Susanna Camusso, hanno altresì indicato tra le priorità «laumento della produzione in Italia». Camusso ha inoltre bollato la decisione del Lingotto come «una volontà di pressione per mantenere politiche di incentivi senza vincoli» diffidando il governo dallintervenire nel merito prima che si faccia chiarezza sul piano industriale.
A difendere Fiat lAnfia, lassociazione dei costruttori automobilistici.
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