Il film hi-tech incassa un miliardo in 15 giorni

Mentre il resto del mondo, a Natale, sbarcava nel futuro con Avatar, superproduzione in 3D,avanzata pure nei rapidi incassi (un miliardo e spicci di dollari è la cifra raggiunta dal kolossal di James Cameron in due settimane e tre weekend di programmazione), noi stavamo al palo, a incartarci intorno al cinepanettone ammuffito. Chissenefrega del botteghino? Va bene, ma intanto, il film più costoso della storia del cinema, con un budget record di 300 milioni di dollari e l'uso d'una nuova tecnologia, detta «motion capture» (cattura del movimento) e inventata da quel geniaccio di Robert Zemeckis, ha avuto valore di soglia. Vale a dire che quest'esagerata opera spaziale, realizzata dal 55enne Cameron dodici anni dopo il suo Titanic (anche qui: che tipo, un cineasta dalla gestazione lenta, ma perfetta) segna un confine oltre il quale è sfida. Nel magico mondo di Pandora (occhio alle reminiscenze mitologiche: gli Usa propongono la modernità, ma sanno condirla di antico) si assiste a uno spettacolo totale, che utilizza l'apporto del rilievo in 3D come una porta aperta su un'altra dimensione. All'occasione, il regista, già all'opera su Avatar quando promuoveva Titanic (ci sono voluti 15 anni per quagliare l'epopea in salsa science-fiction), ha creato telecamere innovative, in grado di riprendere la recitazione degli attori, immettendola in personaggi, creati di sana pianta dagli infografici. Per evocare questo mondo parallelo, un «Eden con gli artigli», come spiega il regista, occorreva creare ex novo, nella grafica del pc, un ambito oltre gli schemi, capace, tuttavia, di mantenere una certa familiarità con il nostro mondo.
C'è stata addirittura una fase di prelavorazione, in cui gli attori (tra essi, la mitica Sigourney Weaver, additata dalla Lega antifumo, perché in un momento topico del film, s'accende una sigaretta, per pensare) si sono addentrati nelle foreste hawaiiane, onde assimilare i movimenti «morbidi» dei Na’vi, extraterrestri luminescenti di blu, che vivono in osmosi con la natura. Di fatto, si tratta d'una grande storia universale, che evoca Pocahontas e Balla coi lupi: nel futuro, gli umani colonizzeranno il pianeta Pandora, a dispetto dei Na’vis. I quali, orecchie a punta, riflessi liquescenti sulla pelle di luna, non sono attori truccati, bensì immagini di sintesi, create dalle performance degli interpreti. Chi ricorda il Gollum del Signore degli Anelli di Peter Jackson,rammenta che in quell'umanoide digitale agiva la tecnica «motion capture», nella mescola di riprese reali e immagini di sintesi. Al di là della tecnica, l'innovativo blockbuster è già un fenomeno di costume. Secondo TorrentFreak.com è già stato scaricato illegalmente un milione di volte dagli internauti, disposti a godersi pure senza occhialini le strane creature, che fanno invecchiare Star Wars; prenotazioni e file davanti alle sale creano un altro mondo alieno e quando Avatar planerà da noi, il 15 gennaio, c'è da giurarci che la critica, più avvezza allo «specifico filmico» da onanismo in sala, si spaccherà in duelli pro- e contro questa storia classica, ma ad alta tecnologia.


Il 3D e il formato Imax, però, non sono passatempi: tra breve, lo spettatore non si confronterà più con un'immagine, ma sarà proiettato all'interno dell'immagine stessa. Qual è lo scopo della visione in profondità, intorno alla quale, da anni, s'industriano Zemeckis, Spielberg e Peter Jackson? Dimenticare i confini dello schermo e immergere lo spettatore in un'opera totale.

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