La Finanziaria delle ingiustizie In cattedra docenti senza titoli

da Milano

Nella scuola che cambia musica, la musica cambia solo per gli insegnanti. O meglio, per alcuni di loro: quelli che non hanno i titoli. Avete letto bene, d’altra parte se cambiasse (e magari in meglio) per chi lo merita, non ci sarebbe notizia. E invece il centrosinistra, che ne ha studiata una più del diavolo, ora ha messo lo zampino sul pentagramma. E lo ha capovolto. Ma andiamo con ordine. Nel futuro scolastico dei musicisti di domani le scuole medie ad indirizzo musicale rappresentano la palestra in cui si formerà il giovane che in seguito proseguirà gli studi al Conservatorio, un istituto destinato a diventare l’ateneo per chi vuol fare di questa forma d’arte la ragione della propria vita professionale e riservato solo a chi sarà in possesso di diploma. Questo l’avvenire. Il presente è ancora a uno stadio embrionale: oggi in Conservatorio ci si può iscrivere perché il Liceo musicale in Italia non esiste ancora. Esistono però gli insegnanti che lavorano, appunto, nelle scuole medie con questo specifico orientamento e che, eccettuate le varie discipline in programma, si dividono in docenti di «Educazione musicale» o «Strumento». La differenza è intuitiva: i primi insegnano teoria, i secondi pratica. I primi sono più numerosi e sindacalizzati, gli altri sono in numero inferiore e non alzano la voce perché sono concentrati sullo spartito. Ebbene sullo spartito ora la Finanziaria suona una sinfonia sgradita. Lo fa con il solito trucco, un comma nel comma: è l’articolo 66, 1c con il quale il governo Prodi non trova di meglio se non regolarizzare in un ruolo insegnanti che non hanno i titoli richiesti. Accade infatti che i docenti di «Strumento» debbano sottoporsi a un cammino di studio particolarmente gravoso e impegnativo sia dal punto di vista della preparazione, sia dal lato economico (1700 euro per una sola licenza) dovendo superare un difficile esame per avere l’abilitazione a dar lezione ai ragazzi su pianoforte, violino, flauto, clarinetto, chitarra, percussioni, violoncello, tromba. Naturalmente il candidato insegnante può sceglierne uno o più d’uno e, in proporzione, aumentano costi, studi, sacrifici e difficoltà nel superare l’esame. Ebbene l’ultima trovata del centrosinistra, adeguatamente imbeccato in materia da Cgil, Cisl e Uil, che vantano numerosi tesserati fra gli insegnanti di «Educazione musicale» (ai quali non è richiesta alcuna prova tanto selettiva per sedersi in cattedra), è stata quella di abilitare all’insegnamento di «Strumento» anche coloro che normalmente possono fare lezione solo per «Educazione musicale». Insomma, come mandare Schumacher a lezione di guida dall’ingegnere senza patente. Ma non basta; beffa delle beffe, questi ultimi in graduatoria rischierebbero pure di passare davanti a chi ha seguito la regolare trafila per ottenere la qualificazione professionale. Insomma, una «stecca» degna della peggior stonatura perché in diretto ed evidente conflitto con una sentenza del Consiglio di Stato emessa il 13 aprile 2006 che dichiara «l’illegittimità dell’inserimento nelle graduatorie di “Strumento” di soggetti che non abbiano conseguito l’abilitazione all’insegnamento». E per di più in conflitto anche con una sentenza della Corte Costituzionale che «ha dichiarato l’illegittimità di una legge che, in materia di concorsi pubblici, aveva derogato al giudicato del Consiglio di Stato, immettendo in ruolo i soccombenti».

Un pasticciaccio brutto, davvero, contro il quale si sono ribellati i docenti di «Strumento» e il sindacato Unams, che si sono rivolti al ministro della Pubblica istruzione Giuseppe Fioroni. Ma forse è tardi per cambiare musica...
stefano.giani@ilgiornale.it

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