La fine delle calorie: la conta della ciccia da oggi si fa in joule

Da gennaio costretti a cambiar calcoli. La nutrizionista: "Il consumatore si confonderà". La nuova unità di misura: 4,184 joules sono l'equivalente di una delle vecchie calorie

La fine delle calorie: la conta 
della ciccia da oggi si fa in joule

Milano - Sarà una minirivoluzione che partirà tra un anno. E quindi avremo tempo per abituarci a una parola nuova: joule. L’unità di misura che sostituirà la caloria. Dal 2009 infatti, dalle etichette alimentari sparirà il termine tanto caro alle mamme e tanto temuto dalle persone in sovrappeso. Al suo posto, cibi e bevande dovranno essere soppesati in joule, una caloria corrisponde a quattro joule. E un prodotto da cento calorie, si trasformerà in circa 400 joule.

La notizia è stata lanciata dall’Unione consumatori che ha rispolverato una legge del 1982. È proprio il Dpr 802 che ha deciso di eliminare la caloria a favore dell’unità di misura internazionale. Ma da allora, ben 26 proroghe hanno lasciato immutato il quadro normativo. Ora non si prevedono nuovi slittamenti e, se tutto filerà liscio, dovremo adeguarci. Anche se le proteste già piovono su questo strumento di misurazione internazionale.

L’Unione consumatori, infatti, sostiene che la gente non riuscirà più a rendersi conto di quanta energia apporta all’organismo un prodotto alimentare specialmente ai fini di una dieta e tanto più se è necessario per una malattia come per esempio, l’obesità.

Ma sarà davvero così drammatico il cambiamento? Margherita Caroli, nutrizionista e Presidente dell’European childhood obesity group ne è convinta, tanto che invoca un ripensamento. «Tecnicamente la sostituzione non fa una piega ma non ha nessun senso. Ci sono voluti 25 anni per far capire alla gente cos’è la caloria e adesso che è diventato un termine familiare, ce lo tolgono - sbotta l’esperta -. È un’assurdità. Non abbiamo bisogno di più tecnicismo nelle etichette già esistenti, semmai dobbiamo semplificarle».

Per la dottoressa Caroli è infatti necessaria una maggior trasparenza. «Invece di pensare ai joule bisogna cercare di rendere più chiare le etichette. Una ditta può scrivere quello che vuole come slogan che però non corrisponde al vero». Una sorta di pubblicità ingannevole legalizzata. «Se si scrive più latte e meno cacao – spiega l’esperta – il prodotto è acquistato volentieri dalle mamme. In realtà lo slogan non corrisponde al vero. Il latte lo devi andare a cercare dove sta il latte e non nella cioccolata, dove al massimo trovi una quantità di latte che corrisponde a un quarto di bicchiere di plastica».

Altro esempio. «Quando si fanno le tabelle nutrizionali, le mamme sono sensibili al calcio. Sulla copertina del prodotto si legge che una porzione copre il 20% della razione raccomandata giornaliera. Peccato che la porzione sia di cento grammi e un bambino ne mangia al massimo venti grammi, una quantità che copre solo il 5% del fabbisogno quotidiano».

Le etichette, dunque, vanno migliorate e con l’eliminazione delle calorie il consumatore sarà disorientato. In realtà il joule è misura scientifica che soppesa l’energia prodotta e si usa un po’ dappertutto. Anche sulle nostre etichette ci trovi spesso calorie e joule, ma noi guardiamo solo alle calorie perché non siamo abituati a fare altro. Un'abitudine che dovrà cambiare.

Ma Margherita Caroli lancia un’accusa: «Non si vuole far capire alla gente quello che sta leggendo – Persino l’Oms sta cercando di stabilire un codice internazionale per etichette chiare e

comprensibili in tutto il mondo. Gli unici all’avanguardia sono i paesi scandinavi: solo gli alimenti bilanciati tra grassi e proteine vengono considerati sani e si conquistano un logo che viene attaccato in bella vista».

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