Finisce il boom delle convivenze Si sta insieme, ma in due case

Finisce il boom delle convivenze Si sta insieme, ma in due case

Basta convivenze. Fidanzati sì, ma ognuno a casa propria. Perché ci si ama di più e meglio, se si evita di condividere la quotidianità, almeno nei suoi aspetti più comuni, come quelli che caratterizzano la vita domestica. È così che la moda di vivere in coppia, ma in domicili separati ha preso sempre più piede in Francia. Disegnando un nuovo modello di vita a due, «a distanza». Magari perché, in passato, le esperienze di convivenza non sono state proprio un successo.
Secondo la fotografia scattata dall’Istituto nazionale di studi demografici (Ined) in un rapporto pubblicato sui nuovi modi di vivere in famiglia, il 28 per cento dei giovani e oltre il 10 per cento di chi ha alle spalle un divorzio opta per questo tipo di soluzione. Gli inglesi, come sempre di fronte a una nuova tendenza, le hanno già attribuito un nome: «lat», cioè le iniziali di «living apart together» («vivere insieme separati»).
In totale è già l’8 per cento dei francesi tra i 18 e i 79 anni, pari a 3,8 milioni di persone, a vivere «in coppia ma separatamente». E in particolare il 13 per cento degli uomini e il 12 per cento delle donne che hanno già sperimentato l’esperienza della convivenza in precedenza, una volta trovato un nuovo amore preferiscono mantenere domicili separati.
«I divorziati adottano sempre più spesso questo tipo di relazione (17 per cento) rispetto alle persone non sposate che si separano dal proprio partner», ha spiegato Arnaud Regnier, che ha diretto lo studio, dal titolo «Ritratti di famiglie», insieme con le ricercatrici Eva Beaujouan e Catherine Villeneuve-Gokalp. Se dall’unione fallita non sono nati figli, un terzo dei separati sceglie di vivere solo, la metà intraprende una nuova vita di coppia in modo tradizionale e uno su dieci forma invece una coppia con due tetti. «Tra le coppie “lat” ci sono numerose madri che hanno la custodia dei loro figli - spiega Regnier - ma dallo studio non è emerso chiaramente se questa indipendenza sia più spesso desiderata o subita». La maggior parte degli intervistati si trova a dover scegliere di stare in coppia ma ognuno a casa propria per motivi professionali. Ma non ci sono soltanto ragioni pratiche: uno su cinque decide di vivere separatamente per essere più «indipendente». È una scelta che sembra rappresentare soprattutto una generazione: i più conquistati sono infatti i giovani tra i 18 e i 25 anni. Non più adolescenti, in teoria già adulti ma ancora nel pieno di decisioni cruciali per il futuro e, magari, ancora all’università: i giovani approfittano del loro periodo «fuori famiglia», non più in casa dei genitori, ma nemmeno in coppia coabitando, per vivere il loro amore al di fuori del letto coniugale.
Un terzo degli amanti non coabitanti ha più di 40 anni, poco meno di un terzo (il 28 per cento) ha tra i 18 e i 25 anni e solo il 4 per cento ha tra i 55 e i 79 anni. Un giovane su tre, insomma, sceglie subito la «coppia separata» e non perché scottato da fallimenti precedenti.
È insomma la nuova forma di relazione preferita dalla generazione nata e cresciuta negli anni Novanta. La stessa per la quale, in Francia, i Pacs sono la norma: i Patti civili di solidarietà sono infatti entrati in vigore Oltralpe nel 1999.

Il bilancio dei primi dieci anni - spiega Le Figaro - vede i Pacs tallonare sempre più da vicino i matrimoni: sono stati 144mila i francesi a scegliere i Pacs nel 2008 (sette volte di più che nel 2000), rispetto a 273mila che hanno preferito sposarsi. Ma i giovani di oggi scelgono ancora diversamente: uniti sì, ma non in casa.

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