Economia

Finisce un’era: nasce la Fiat del futuro

Varato lo scorporo del settore auto, che si prepara ad aumentare il capitale: il nuovo gruppo non sarà più degli Agnelli, ma diventerà una multinazionale con un ruolo dominante per i manager

Lo scorporo di Fiat Auto dal gruppo Fiat è una svolta storica, perché comporta che la dinastia degli Agnelli, che ha avuto due grandi monar­chi, Giovanni dalla fondazio­ne nel 1899 agli anni della se­conda guerra mondiale; e Gianni dalla seconda metà de­gli anni 60 al 2000, non si iden­­tificherà più con l’automobile in Italia. E la Fiat, perdendo il settore auto, che diventerà, man ma­no, una multinazionale, non sarà più il principale impren­ditore italiano, per numero di addetti e di fatturato. Inoltre Torino non sarà più la sede di una monarchia industriale, anche se rimarrà la sede cen­trale di Fiat auto, con il suo cer­v­ello tecnologico e la sua tradi­zione di impresa del made in Italy. Con i pregi e anche i limi­ti che la specializzazione della Fiat nelle auto piccole e medie e sportive ad alto rendimento energetico può comportare. Ma con l’integrazione con Chrysler specializzata nelle vetture maggiori e in quelle a quattro ruote motrici. La ragione per cui, sia pure in modo graduale, avverrà la riduzione del ruolo degli Agnelli nell’automobile è che la ragione primaria dello scor­poro è quella di effettuare un cospicuo aumento di capita­le, necessario per rilanciare Fiat auto sul mercato mondia­le, in collegamento con Chry­sler. Quello di Fiat auto, quin­di, sarà per sua natura un grup­po multinazionale, con capita­le non solo italiano. Man ma­no la quota dell’accomandita, che costituisce la cassaforte con cui la famiglia Agnelli con­trolla il gruppo Fiat attuale, di­minuirà in Fiat auto. E differi­rà da quella che essa manterrà nel resto del gruppo Fiat, in gran parte costituito dal setto­re della robotica e da quello delle macchine per l’edilizia e per l’agricoltura, che ha quasi tutte le sue aziende fuori dal­­l’Italia. Mentre questa parte del gruppo non ha bisogno di grandi iniezioni di denaro fre­sco, non vale lo stesso per il gruppo automobilistico che ha invece bisogno di molto nuovo capitale. Innanzitutto perché in esso l’apporto del­l’autofinanziamento è esiguo, dati i bilanci in rosso del passa­to. Inoltre si rendono necessa­rie iniezioni di nuovo capitale proprio per ridurre il finanzia­mento mediante indebita­mento, attualmente troppo elevato. Infine, bisogna fare importanti investimenti nel rinnovo degli impianti e nei nuovi modelli di autovetture e per le spese di ricerca. Fra le quali campeggiano quelle per le auto che non usano benzi­na, gasolio, metano, ma altre risorse energetiche. Il gruppo Fiat auto diventerà sempre più una multinazionale a gui­da manageriale. E il ruolo di Sergio Marchionne e della sua tecnostruttura diventa sem­pre più importante. Lo scorporo di Fiat auto è un grosso vantaggio per la fami­glia degli Agnelli, eredi del fon­datore Giovanni nato nel 1866, che ormai ha superato le tre generazioni. E, pur fra va­rie vicende, alcune delle quali tragiche, conta un centinaio di membri. Molti di loro sono interessati soprattutto al divi­dendo, non sono contenti di doversi addossare il rischio del bilancio in rosso dell’auto e l’onere degli aumenti di capi­tale per il rilancio. Ma questo scorporo è un grosso vantag­gio anche per l’economia ita­liana, dato che Fiat auto senza l’internazionalizzazione e gli aumenti di capitale a ciò con­nessi non è in grado di reggere la sfida delle grandi case auto­mobilistiche. Il mercato euro­peo dell’auto è sovra saturo. E pertanto solo con la proiezio­ne verso la parte orientale del­l’Europa, verso l’Asia e verso il Sud America, è possibile per la Fiat sopravvivere e prospe­rare e solo l’unione con la Chrysler le consente di opera­re su tutta la gamma dei pro­dotti. Il ruolo dei manager del gruppo Fiat auto, con Sergio Marchionne al vertice, diven­terà dominante. E gli azionisti di controllo non saranno costi­tuiti da una singola famiglia, saranno tanti di diversa natu­ra. E neppure si deve pensare a una analogia fra la Fiat auto guidata da Marchionne e quel­la di Valletta. Valletta infatti era un mana­ger che rispondeva ad una fa­miglia proprietaria. Ed era in­cardinato nella vita economi­ca e politica italiana e torine­se. Marchionne ha rescisso i le­gami assistenzialistici con il governo italiano. Non segue e non pratica i giochi della politi­ca. È una nuova epoca, quella del passaggio della Fiat dal re­gime del capitalismo padrona­le e del capitalismo assistito a quello del post capitalismo li­berale.

E anche il sindacato po­­liticizzato e i partiti ci si do­vranno adattare.

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