«Fondi folli, volevo tagliare»

da Roma

«Sarebbe sbagliato dare la croce addosso a Gli implacabili. A questo punto spero che il film si faccia, la coproduzione inglese esiste, basta stringere i tempi. Ma il problema esiste». Gaetano Blandini, funzionario ministeriale tra i più stimati, oggi a capo della Direzione cinema, parla con la consueta schiettezza. Il western pensato da Franco Nero è uno di quei titoli, una quarantina in tutto, che due anni fa si ritrovarono in bilico tra vecchia e nuova legge. Avendo già ricevuto l'attestato di «interesse culturale nazionale» risultava in pole-position, solo che la cifra richiesta era troppo alta, inconciliabile con gli standard previsti dal reference-system varato dal ministro Urbani.
Dunque, Blandini, non restava altro che farlo passare limando l'entità del finanziamento.
«Sì. Ma prima le dirò una cosa. La faccenda era molto delicata: avevamo a disposizione una cinquantina di milioni di euro per chiudere la partita. E nessun esperto, neanche a pagamento, accettò di sporcarsi le mani. Così toccò a me, Francesco Ventura e Salvatore Nastasi, tre funzionari del ministero, il compito di risolvere la questione. Come? Procedendo a tagli anche vigorosi. Alcuni progetti furono ridimensionati del 50-60 per cento. Con Gli implacabili ci fermammo, mi pare, al 20 per cento».
Si poteva osare di più.
«Guardi, tutti i casi presi in esame denotavano un certo - come dire? - sovradimensionamento. A partire dai compensi per registi e attori. Erano congruità al limite del buon senso. Dispiace constatare, però, che fossero film bollinati da società di certificazione ritenute autorevoli. Solo dopo ci siamo accorti che una di queste certificava i bilanci di Parmalat. A quei tempi ci si fidava delle perizie come del Vangelo. Ora non succede più».
Fu scelta obbligata, allora?
«La legge talvolta non ci piace, ma va applicata. Personalmente, sul piano della norma transitoria, ero per chiudere la saracinesca a tutti e ricominciare da capo. Non fu possibile. Il Parlamento volle riaprire i cancelli con uno stanziamento straordinario. Abbiamo finito, credo, con il rendere un cattivo servizio a tutti. Mi sbaglierò, ma di quei 40 film almeno 35 saranno delle delusioni. Scommettiamo?».
Non ho dubbi. C'è il rischio che il giochetto si ripeta di nuovo?
«No. Con le nuove norme un progetto può usufruire al massimo di un finanziamento di 2 milioni di euro. Così è stato per i nuovi film di Olmi, Faenza, Archibugi, Monicelli... Solo che l'anno scorso potevamo contare su 74 milioni di euro da destinare alla produzione. Quest'anno saranno 40. Sono preoccupato, molto preoccupato».


In questo contesto era proprio necessario rinnovare solo a metà, tre su sei, liquidando ad esempio Claudio G. Fava per tirar dentro Aldo Massasso, la commissione per i fondi di garanzia?
«Io l'avrei confermata integralmente per un altro anno. Ma il ministro aveva esigenze diverse, non comprimibili».

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