Anche questa volta, tanto per cambiare, lha spuntata la Germania. Dopo interminabili schermaglie dialettiche e continui rinvii nel segno dellindecisione, il fondo salva-Stati europeo avrà un valore complessivo di 800 miliardi di euro. A deciderlo, apparentemente senza ulteriori contrapposizioni, è stato ieri lEurogruppo nel vertice di Copenaghen. La dotazione del firewall anti-crisi era peraltro stata anticipata giovedì sera dal ministro tedesco delle Finanze, Wolfgang Schaeuble. Con buona probabilità, Berlino aveva quindi già in tasca laccordo ancor prima dellinizio del summit, a coronamento di una partita a scacchi perfetta. Giocata con lultima mossa della Cancelliera, Angela Merkel, con quel rilancio sulla potenza di fuoco del fondo fino a un massimo di 700 miliardi.
Da quella cifra i tedeschi non si sono più schiodati, ignorando sia la moral suasion dellOcse, favorevole a un paracadute da 1.000 miliardi, sia il successivo appoggio dato alla Francia alla proposta dellorganizzazione guidata da Angel Gurria. Se è vero che 800 miliardi di euro corrispondono grosso modo a 1.000 miliardi di dollari, è altrettanto vero che la reale struttura finanziaria del firewall è ben lontana dalla cifra stabilita nella capitale danese. In realtà, lEsm - ovvero largine permanente contro le emergenze - non potrà mai superare una capacità di prestito da 500 miliardi. Un limite, fin dallinizio, imposto proprio dalla Germania. Il denaro fresco è questo, non un centesimo di più. Ai 300 miliardi residui si arriva con lutilizzo di soldi già impegnati: 200 miliardi si riferiscono alle risorse prestate a Grecia, Portogallo e Irlanda; una cinquantina a un fondo gestito dallUe; e altri 53 miliardi ai prestiti bilaterali concessi ad Atene.
Va inoltre considerato che in luglio lEsm non potrà subito disporre di 500 miliardi, ma avrà in cassa appena i circa 32 miliardi che costituiscono la prima tranche della quota di capitale versata dagli Stati. Così, per garantire la piena capacità di prestito, il firewall potrà fare ricorso alle garanzie non impiegate, pari a 240 miliardi, dellEfsf, cioè il fondo temporaneo cui non sarà staccata la spina fino a metà 2013. Poi, si vedrà.
A parte la palese irritazione del presidente dellEurogruppo, Jean-Claude Juncker, nei confronti della ministra austriaca, Maria Fekter, colpevole di aver anticipato alla stampa lesito del vertice, ieri a Copenaghen era evidente la soddisfazione di tutti per laccordo trovato. Da quella di Christine Lagarde, leader del Fondo monetario internazionale («Sosterrà gli sforzi del Fmi per aumentare le sue risorse disponibili a beneficio di tutti i nostri membri») a quella della Bce e del viceministro dellEconomia, Vittorio Grilli «Un risultato importante»). Per il vicepresidente della Commissione europea, Olli Rehn, la decisione presa è «definitiva». Ma è davvero così? I mercati hanno dato ieri una valutazione sostanzialmente positiva allaccordo, recuperando però solo in parte le perdite subite nel giovedì nero (+0,45% Milano), mentre lo spread Btp-Bund ha chiuso in calo a quota 332 punti.
Le nubi sulleuro zona non si sono infatti improvvisamente diradate. La recessione incalza, e la crisi del debito resta una spada di Damocle sospesa proprio sopra la testa del nascente fondo anti-crisi. Le cui capacità di difesa potrebbero presto essere misurate nel caso la Spagna rimanesse nel mirino dei mercati. Madrid ha presentato ieri un programma di risanamento dei conti coraggioso per riportare il rapporto deficit-Pil al 5,3% questanno (ora è all8,5%) e al 3% nel 2013. Questi obiettivi non verranno perseguiti «a qualsiasi costo», ha spiegato il vice primo ministro, Soraya Saenz Santamaria. La manovra correttiva vale 27 miliardi, dopo quella da 15 miliardi a fine dicembre. Gli sforzi si concentrano sul versante del taglio alle spese con il congelamento del salario dei funzionari, una sforbicata del 16,9% al budget dei ministeri e un aumento delle imposte sulle grandi società.
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