Fortugno, dagli omissis spunta il nome di un politico

La dichiarazione del pentito coinvolge un collaboratore di Domenico Crea, della Margherita. La relazione del Viminale: sciolta la Asl di Locri

Gian Marco Chiocci

nostro inviato a Reggio Calabria

Tre omissis, due nomi, un ipotetico mandante. Il pentito Bruno Piccolo, la gola profonda della cosca Cordì che ha disvelato i retroscena dell'omicidio Fortugno, oltre ai compagni d'avventure criminali ha rivelato l'identità anche di un paio di personaggi in qualche modo potenzialmente ricollegabili al comparto sanitario e al filone politico che tanto interessa gli investigatori. Nel fare i nomi - subito segretati dalla magistratura - Piccolo ha premesso di non sapere altro su chi avrebbe dato l'ordine, dall'alto, a colpire così in alto.
Il factotum e il consigliere
Incalzato dai magistrati il collaboratore di giustizia s'è sforzato di ricordare qualcosa di interessante e alla fine ha partorito una frase di una riga e mezza. «So che Ritorto era amico di un ragazzo (...) di Locri che lavorava per Crea». Ritorto è il killer di Fortugno, mentre Crea è il consigliere regionale della Margherita, primo dei non eletti dietro Fortugno per sole 72 preferenze, assessore mancato alla Sanità. L'amico del killer di cui parla il pentito sarebbe stato arrestato un mese fa in un'inchiesta di mafia (droga e armi, operazione Intreccio). Avrebbe lavorato nella segreteria politica dell'esponente del centrosinistra, e avrebbe il padre impiegato all'ospedale di Locri. Una frase, due nomi, tre omissis: per ora non c'è niente di più. Si tratta - spiegano in procura - di mera ipotesi investigativa completamente da verificare perché non ancora riscontrata. È un punto di partenza, difficile dire dove porterà strada facendo e come andrà a finire.
In tarda serata Domenico Crea ci ha tenuto a precisare quanto segue: «Non so niente di questi omissis, non ce la faccio più a essere tirato in ballo per l'omicidio di Franco, è una cosa assurda, pazzesca, lui era mio amico. Troppe voci sul sottoscritto, troppe cattiverie, come la storia del passaporto ritirato che invece ho qui con me, a casa». E ancora. «È vero, sono amico dell'infermiere (...) che lavora all'ospedale di Locri. Lo conosco come conosco tante altre persone a Locri, compreso il figlio che ha lavorato sei mesi alla mia segreteria politica. E allora? So che il ragazzo è stato arrestato un mese fa ma io che c'entro?! Posso essere responsabile di quello che fanno gli altri?». La sua idea sull'omicidio Fortugno? «I veri motivi li conoscono in pochi, e io non sono fra questi - dice Crea - . Comunque mi metto a disposizione dei magistrati». Va subito detto che Crea non ha precedenti. È uscito pulito dalla storia di un contributo regionale (poi ottenuto) per una clinica intestata alla moglie in quel di Melito Porto Salvo, e al pm che gli chiedeva conto del miliardo e duecento milioni di lire versati in contanti, ha risposto: «Sono dei miei genitori che li tenevano dentro un materasso».
Asl Locri, sciolta e commissariata.
Nel frattempo l'inchiesta della commissione d'accesso alla Asl è finita, le conclusioni stanno per essere consegnate al Viminale ma l'orientamento - per quanto appreso dal Giornale - è quello già scritto dal prefetto Paola Basilone: per la Asl di Locri, dove Fortugno era primario al pronto soccorso e la moglie direttore sanitario, sarà chiesto lo scioglimento poiché fortemente permeata da condizioni e infiltrazioni mafiose. La gestione della Asl commissariata verrebbe affidata a un superprefetto con poteri straordinari anziché, come previsto, a un direttore generale di nomina regionale. Sarà interessata l'autorità giudiziaria per i risvolti penali delle innumerevoli irregolarità riscontrate nell'unica, vera, centrale di reddito della Locride (1.700 dipendenti, un budget miliardario, bacino enorme di clientele). Il lavoro d'investigazione ha portato alla luce una serie, ripetuta, di condotte illecite, spesso inquinate da interessi delinquenziali legati ad almeno sei grossi affari su forniture ospedaliere affidate a società di comodo, vicinissime alla 'ndrangheta. Irregolarità acclarate anche nelle forniture di presidi sanitari spesso nemmeno conformi con le prescrizioni imposte dalla normativa europea (c'è un'inchiesta con indagati eccellenti per acquisti sospetti a Trieste) così come negli appalti di ristrutturazione dell'ospedale o per la gestione della mensa. C'è infine un ampio paragrafo dedicato al business delle convenzioni private con strutture «coperte» che sfrutterebbero la decisione molto poco manageriale di lasciare sprovviste di certe attrezzature gli ospedali di Siderno e Locri per consegnare il mercato delle indagini cliniche e diagnostiche in monopolio agli amici degli amici della sanità privata. Gli ispettori del Viminale hanno poi riscontrato debiti fuori bilancio per oltre 150 milioni di euro, problemi gravi nella gestione e nell'amministrazione del nosocomio, sinistre coincidenze con le indagini di polizia sulle assunzioni e le promozioni interne.

Una svolta agli accertamenti è arrivata dalla confessione di un ex direttore amministrativo relativamente alle pressioni per nominare dirigenti di settore sprovvisti dei requisiti necessari. Quando l'interessato si sarebbe convinto a dire di no, i picciotti lo avrebbero apostrofato in malo modo minacciandolo che presto avrebbe perso la poltrona. Detto, e fatto.
gianmarco.chiocci@ilgiornale.it

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