Il gallerista che parlava genovese con Pertini

Il gallerista che parlava genovese con Pertini

Di certo è la prima galleria che ho visitato, ancora bambina. L’unico spazio dedicato all’arte contemporanea nella piccola ma fiera Quinto al Mare, che in fondo ancora non si rassegna all’annessione alla Grande Genova del ’26. Oggi in via Gianelli 100 rosso le inaugurazioni sono un bel ricordo, ma non l’attività espositiva: la porta è sempre aperta e la vetrina l’indizio di un pensiero o di un’esperienza.
Scopriamo così una scatola di cartone, zeppa di ideogrammi, a catturare la nostra curiosità: al suo interno un esercito di piccoli ma torniti guerrieri in terracotta cerca di farsi strada per porsi, in file ordinate, sotto i nostri occhi. Sono approdati qui da Venezia ma provengono dalla Cina, al centro di una mostra in Laguna qualche tempo fa: a guidarli, concettualmente, è un’opera di Mauro Mauri, artista amatissimo da Gianfranco Rovani. Sì perché è nella sua galleria che stiamo entrando per scoprire, ancora una volta, opere e artisti: dietro ogni dipinto e scultura una tranche de vie di questo spazio che non smette di pulsare nonostante i tempi si siano fatti più pigri. Nulla a che vedere con gli anni ’80: ruggenti, troppo edonisti per alcuni, ma sicuramente intrisi di quella percezione del poter fare che muoveva tutto e tutti.
I fratelli Rovani sono i rampolli di una famiglia «bene» di costruttori. Alto, elegante e salottiero Gianfranco ama l’antiquariato e colleziona mobili e dipinti antichi. Un giorno l’incontro galeotto con l’amico farmacista e pittore Primo Bonamico, che a casa aveva solo opere di artisti contemporanei. È lui ad accompagnarlo a visitare una galleria dove si consuma il classico colpo di fulmine... per un dipinto di Treccani: «Lì ho capito di non aver capito nulla» ricorda Rovani, che quell’opera, subito comprata, non l’avrebbe mai venduta, come un brano concettuale di Alinari in guisa di ferro da stiro in plexiglass.
Ma andiamo con ordine: iniziano le trasferte, sempre più lunghe e frequenti. Ecco Rovani a Firenze a scoprire il muralismo messicano, Siqueiros in testa, e soprattutto a Venezia per quella Biennale che non tarda a diventare un appuntamento irrinunciabile. Nel frattempo le opere acquistate per passione si moltiplicano quando si libera la bottega di un artigiano sotto casa. Pensava di costruirci una scala e di allargarsi, ma Bonamico, di nome e di fatto, gli mette una nuova pulce nell’orecchio: «Perché non apri una galleria?».
Erano gli anni ’80, si diceva, e l’idea di aprire uno spazio d’arte senza una tradizione alle spalle, armato di «sola» passione, curiosità e senso critico non spaventava. Rovani non se lo fa ripetere due volte e mette in pratica tutta una serie di relazioni già avviate. Così si aprono i battenti nel 1982: lo spazio è bianco ma mosso da quella scala su cui si «intasa» il traffico già dal primo vernissage della mostra dedicata a Luca Alinari, conosciuto in Biennale e poi incrociato a una cena a Firenze a casa di Antonio Bueno. Già, questa è tutta un’altra storia nella storia: Rovani la mattina aveva visitato la collezione della Ragione che da Genova, o meglio proprio da Quinto, era approdata a Firenze, e poi era andato da Bueno per acquistare un’opera, uno dei suoi straordinari ovali femminili persi nel tempo. Lo spirito del mercante lo aveva già nel sangue: a forza di contrattare sul prezzo, mentre l’artista gli mostrava un quadro dopo l’altro, stava quasi per essere messo alla porta quando finalmente si decise domandando «e se li comprassi tutti?». Rovani conduce la ricerca di Bueno a Quinto più di una volta e lo accompagna anche in Biennale dove, all’inaugurazione, incrocia il Presidente Pertini apostrofandolo, davanti a tutti, in genovese: si erano conosciuti qualche sera prima, dal mitico Cicchetti, a una cena organizzata dall’amico di sempre, l’onorevole Biondi.
Ma torniamo a Venezia, dove Rovani è un habitué dell’Hotel Belsito: lì incontra il maestro Virgilio Guidi, che ormai preferisce i grandi musei e da sempre è allergico alle lusinghe dei galleristi. Un giorno i due s’incrociano per strada: Rovani è di fretta e, pur sempre uomo di mare, tira dritto. Il maestro lo vede, lo chiama e lo prende in giro sorridendo. Più tardi gli proporrà una mostra che Rovani annuncia con una serie di striscioni in via XX Settembre stupendo tutto il milieu artistico genovese e non solo.
Queste sono solo alcune delle storie che Rovani ricorda volentieri: ce n’è ancora una che gli illumina lo sguardo in modo particolare. È domenica e la galleria è come sempre aperta quando arriva Tacchi, ala del Genoa che non è in campo per una squalifica. Si chiacchiera con la radio accesa di sottofondo: «per ogni goal compro un’opera», scherza il calciatore. Quella domenica il Genoa ne segna tre di reti e Tacchi mantiene la promessa. Il tutto in questo spazio intimo a Quinto al Mare, che negli anni ha ospitato tanti artisti – oltre a Guidi, Bueno, Alinari e Mauri, Licata, Maccari, Batacchi, Celiberti e Del Sal solo per citarne alcuni – con una predilezione per la pittura, la materia e le ricerche più concrete, con inaugurazioni che duravano fino a notte fonda. Una delle poche occasioni mancate è non aver fatto in tempo a dedicare una mostra a Max Bill, conosciuto a Torano di Carrara: benché anziano l’artista era ancora un uomo di spirito e di grande compagnia, ricorda Rovani, «tanto che una sera, a una cena iniziata poco prima della mezzanotte, lo sorpresi a ordinare pasta e fagioli».
L’attività della galleria è sempre stata rivolta a grandi maestri, ed è rimasta febbrile fino al giro di boa del nuovo millennio, quando sempre più forte è l’interesse per la storia di Quinto al Mare e di Colombo, cui Rovani già nel 1992 dedica un libro e tantissimi eventi e progetti. Oggi la galleria è sempre aperta con personali e collettive ma i tempi sono meno frenetici: la domenica si chiude – fino a qualche anno fa sarebbe stato impensabile – e le discussioni sull’arte e il suo futuro più rare. A Genova, come si dice a Quinto, le gallerie sono molte, ma Rovani da sempre privilegia le relazioni con altre città e artisti non locali.

L’idea resta quella che lo ha animato negli anni ’80: fare cultura qui, a Quinto al Mare, valorizzandone radici e identità ma anche volgendo lo sguardo alla creatività contemporanea, scegliendo ricerche destinate, come quella del maestro Guidi, a fare la storia. Un dato è poi sempre certo: Rovani non «molla» e continua a presentare opere e artisti – in questo periodo tanti i dipinti di Del Sal – per tutta la sua città che inizia, ovviamente, qui a Quinto al Mare.

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