Al Castello di Pergine Valsugana, in provincia di Trento, è aperta fino al 6 novembre la 14ª edizione della rassegna di scultura contemporanea, questanno dedicata allopera di Annamaria Gelmi (che ha esposto di recente anche ad Arte Centro di Milano). Come ogni anno, e come in ogni situazione simile, il problema primario che lartista si trova a dover risolvere è quello della coabitazione tra la «massa incombente» dellantico maniero e le sculture (e, in questo caso, anche altre opere darte). Nelle precedenti edizioni Mauro Staccioli, Eduard Habicher e Michael Deiml imbastirono un dialogo con il luogo, creando forme interattive con i volumi del castello. Altri artisti scelsero di «confinarsi» negli spazi interni (Fabrizio Plessi e Davide Scarabelli), altri ancora puntarono sullimponenza delle opere (Toni Benetton, Pino Castagna, Carlo Lorenzetti e Giorgio Celiberti). Infine qualcuno optò per un approccio fortemente espressivo, anche con lapporto del colore (Romano Abate, Riccardo Licata, Francesco Somaini e Piera Legnaghi).
La scelta dei curatori (Franco Batacchi, Theo Schneider e Verena Neff) questanno è caduta su Annamaria Gelmi che ha allestito una splendida mostra tutta giocata sulla «levità», sul «tempo sospeso» e sulla «poesia». «Fuori luogo comune» sintitola la rassegna che propone molti momenti di alta liricità, di attitudine ludica, ma anche di notevole riflessione. Del resto, Gelmi proviene da una lunga militanza artistica e ha ormai da tempo maturato una propria, distinta, cifra stilistica che si fonda sullessenzialità formale unita a un pensiero «forte». Secondo Batacchi, la scelta di affidare a lei questa edizione aveva uno scopo preciso: inserire «segnali visivi» di sorprendente grazia e leggerezza in un sito fortemente e storicamente caratterizzato, al fine di creare un percorso su due binari. Da un lato, la fruizione anche fisica, «partecipata», delle opere da parte dei visitatori che sono in qualche modo invitati ad entrare ed esplorare le sculture, dallaltro, quella sorta di «canto sospeso», questo filo conduttore che rinvia da unopera allaltra e che suggerisce una galassia di interpretazioni e pensieri, non sempre espliciti, spesso problematici.
Gelmi è unartista che oltre al mestiere si porta dietro un notevole bagaglio culturale, di pensiero o, meglio, di filosofia della forma. È stata a lungo considerata soprattutto pittrice, mentre in realtà sin dagli anni Settanta ha coltivato anche il dato plastico, via via con esiti sempre più convincenti: un suo lato «oscuro», perché apprezzato nella stretta cerchia degli addetti ai lavori. Già nel 1975 Giulio Carlo Argan laveva messo in luce, includendola nella mostra «Luce-Materia», tenuta a Milano. E, 22 anni dopo, sue opere plastiche furono incluse nella rassegna «Abstrakte», tenuta a Colonia nel 1997, dove erano presenti i nomi più significativi della stagione astratta italiana. Si tratta dunque di unartista solida, concreta, pur nella levità con cui affronta i problemi del fare arte oggi, a esempio rinunciando alla scorciatoia della riproposizione seriale di un logo formale, in guisa di griffe stilistica: una pratica che ha afflitto molta dellarte cosiddetta contemporanea. Al contrario, lei si ritrova libera di esplorare le correnti, le tendenze, di cavalcarle, e a volte precorrerle, piuttosto che rincorrerle. Ed a ciò si aggiunga una dote, oggi rara, e cioè quella di una inflessibile coerenza nel perseguire un percorso di progressivo allontanamento dalla figurazione con la quale aveva debuttato allinizio degli anni Settanta.
Molte delle opere mostrano un esito formale che proviene dal design, ma che non si accontenta del dato iconico, dellapparenza, e si àncora a precisi moventi poetici, ad emozioni che sottendono al momento creativo, in ciò spiazzando una dilagante credenza che postula lessenzialità formale direttamente relazionata con un processo del tutto intellettuale. Ed ecco, invece, che le sue opere ci costringono e costringono i visitatori a uno «slittamento» dei propri punti di vista. Ci insinuano lidea che larte sia più complessa di come si credeva di voler codificare.
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