Cronache

Genovesi in crisi: sempre meno sesso per troppa ansia

Carla Valentino

Davide Dèttore, milanese di nascita, si divide professionalmente tra Firenze, dove insegna alla Facoltà di Psicologia come professore associato di Psicologia clinica, e Genova, dove vive da diversi anni e svolge attività di psicoterapeuta presso l'Istituto Miller, di cui è presidente. Si occupa in particolare di sessuologia, come esperto di Psicologia e psicopatologia del comportamento sessuale. L'altra sua specializzazione riguarda il Disturbo ossessivo-compulsivo, di cui è uno dei massimi esperti italiani: coordina infatti uno dei due centri italiani specializzati nel trattamento dei pazienti DOC resistenti (cioè pazienti con disturbo ossessivo-compulsivo che hanno già provato tutte le terapie senza risultati).
Professore, per quali problemi i genovesi si rivolgono più spesso al sessuologo?
«I problemi dei genovesi in questo campo non sono diversi da quelli degli altri italiani. Eiaculazione precoce e disturbi dell'erezione per gli uomini, anorgasmia e vaginismo per le donne. Al primo posto si collocano però, per entrambi i sessi, i disturbi del desiderio, cioè lo scarso desiderio sessuale».
Che cosa c'è all'origine dello scarso desiderio sessuale?
«I disturbi del desiderio, decisamente in crescita rispetto a 20-30 anni fa, possono talvolta essere secondari ad altri disturbi. Per esempio, chi soffre da tempo di eiaculazione precoce può ritrovarsi a provare un livello di desiderio più basso. Per il paziente è infatti più piacevole pensare che non ha rapporti perché non lo desidera molto (e in questo modo salva di più l'immagine di sé). A ridurre il desiderio sessuale è poi la vita stressante che tutti oggi sperimentiamo. Lo stress inibisce il desiderio. Ed è ovunque: andiamo sempre di corsa, tra lavoro, tempi stretti, preoccupazioni, modo di vivere precario. Percepiamo il mondo attorno a noi con immagini di rischio quotidiano, come attentati, catastrofi, situazioni di allerta per i viaggi in aereo».
Chi soffre maggiormente di disturbi del desiderio, gli uomini o le donne?
«Sta crescendo il numero degli uomini, per l'ansia che provano nei confronti delle loro compagne, diventate più aggressive ed esigenti. Gli uomini le percepiscono come minacciose e "valutanti", spesso in concorrenza con loro: concorrono al potere sul lavoro e in casa. Anche nell'ambito domestico infatti i rapporti sono cambiati. Non esiste più il "pater familias". La madre ha sempre avuto un peso centrale nella famiglia ma in passato lo esercitava in modo discreto, lasciando all'uomo il ruolo di parata. Oggi di "capofamiglia" si parla ancora all'anagrafe, come termine burocratico, a cui non corrisponde però più un potere legale: la patria potestà viene esercitata da entrambi i genitori a pari dignità.
Il problema è adesso, per tutti, la mancanza di ruoli: criticati quelli vecchi, non ne sono ancora stati proposti e consolidati di nuovi. La donna tende talora a far proprie le caratteristiche maschili peggiori, l'aggressività e la competitività, con cui spaventa l'uomo; e quest'ultimo non ha deciso come arricchire il proprio ruolo, ad esempio sviluppando maggiormente le capacità empatiche ed emozionali nonché le abilità interpersonali, in cui eccelle la donna».
Vediamo però oggi un numero maggiore di papà che si prendono cura dei bambini svolgendo incombenze un tempo lasciate esclusivamente alle mamme.
«Si tratta purtroppo ancora di una minoranza. Ci riescono solo pochi uomini, di qualità. Sulla base dei vecchi stereotipi sessuali, non del tutto superati, è infatti più facile acquisire elementi di un ruolo dominante e apprezzato (quello maschile) che elementi di un ruolo dominato e non rilevante (quello femminile). Definire una donna "mascolina" evoca un'immagine lievemente negativa ma anche caratteristiche di capacità e decisione. Mentre dire di un uomo che è "effeminato" suona spregiativo. Una "donna con le palle" è un complimento, mentre non esiste l'espressione "porta le gonne" come analogo apprezzamento per l'uomo».
Quando è uscito il Viagra non si parlava d'altro. Oggi se ne parla poco. Perché?
«Non ha risolto tutti i problemi. Il Viagra - come il Cialis, che dura più a lungo e con meno effetti collaterali, anche 24-48 ore - agisce secondo una modalità di funzionamento fisiologica, abbassando la soglia dell'erezione. Occorre comunque che l'uomo trovi la situazione eccitante. Proprio perché il farmaco funziona fisiologicamente, può rivelarsi inefficace in presenza di rilevanti problemi psicologici e di potenti inibizioni».
Quali consigli darebbe ai genitori per far crescere i figli sessualmente sani?
«Parlare di sesso con i figli: purtroppo accade poco. I genitori provano imbarazzo e preferiscono delegare alla scuola, ai corsi di educazione sessuale. Invece è importante rispondere alle loro domande, a cominciare dalla prima, quando sono ancora piccoli ("Come nascono i bambini?") e continuando con quelle successive delle varie età».
In fondo è l'autostima l'elemento fondamentale per un adulto sessualmente sano?
«Sì, un'autostima equilibrata, non da pallone gonfiato. È anche importante non vedere il sesso come sporco e peccaminoso. Oggi lo si vive molto meno come peccato ma si può tendere a ipervalutare rischi, pur reali, come quelli relativi all'Aids. La nostra società igienista impone di pulirsi e lavarsi all'eccesso: dato che le zone escretorie coincidono con le zone sessuali, diventa facile la sovrapposizione sesso-sporco. Per la donna in particolare la pubblicità insiste sull'obbligo sociale di lavare, deodorare, profumare i genitali, come se fossero naturalmente sporchi, creando inoltre un condizionamento così forte da far correre il rischio di danneggiare le difese naturali».
Ritiene che in passato la sessualità presentasse meno problemi? Che fosse vissuta in modo più naturale?
«Direi che in passato era più facile per l'uomo riuscire a essere sessualmente felice. Oggi non è facile né per l'uomo né per la donna».
Quanto conta il sesso per la felicità delle persone?
«Per alcuni è molto importante, per altri no. Se il farne a meno viene liberamente accettato, si può essere sereni egualmente».
C'è chi sostiene che la monogamia a vita non soddisfi le esigenze dell'uomo e della donna di oggi, e che sia giusto e sano vivere storie monogamiche con più partner successivi.
«Sì, secondo la teoria evoluzionista saremmo dei "monogami seriali". Nel mondo animale la pressione selettiva avrebbe spinto il maschio a cercare partner giovani e sane per ingravidarle più facilmente. La sua elevata promiscuità sessuale, mirata alla propagazione del proprio patrimonio genetico, limita la fedeltà ad un periodo di 3-4 anni al massimo (il tempo necessario alla procreazione e al superamento della giovane età del figlio, che il maschio protegge). La femmina è invece meno promiscua sessualmente e più mirata alla qualità del partner: un maschio sufficientemente potente nella gerarchia del gruppo per poter difendere lei e la prole, e abbastanza disposto a farlo. Applicando tali concetti agli esseri umani, si spiegherebbe il perché gli uomini siano particolarmente sensibili alle caratteristiche fisiche delle donne e queste ricerchino invece segnali di disponibilità che possano garantire l'impegno affettivo maschile (è tipico della donna, molto più che dell'uomo, cercare rassicurazioni attraverso domande come "Mi ami?"). L'investimento biologico parentale si riduce al minimo per il maschio (a cui bastano pochi minuti), mentre resta molto più lungo per la femmina (gravidanza e tempo per allevare il figlio, durante il quale difendere e alimentare se stessa e la prole). Sempre secondo la teoria evoluzionista, in termini moderni si parla di sensibilità della donna non tanto all'aspetto fisico del maschio quanto a quello socioeconomico.

Si tratta però, per ora, soltanto di elaborazioni teoriche da confermare».

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